Il Polo Universitario Penitenziario di Pisa: esperienza e opportunità formativa

Prison sociology has a long tradition dating back to the ’30s of the last century: its aim is to study all aspects – in relation both to the institutions and the different individuals – concerning penitentiary environment. The great interest aroused by prison has been recently increased by new perspectives and experimental methods, that underline the growing complexity of such an envi- ronment and its strong links with the external world, alternatively perceived as its mirror or as its reverse side. The study in jail, aimed at obtaining a high school diploma or a university degree, introduces new issues to be considered within this field of study, such as the role of culture. Study in jail is a challenging test case to be studied through the lenses of prison sociology with a new attitude of engagement (which should never be partisan) and a will to consider the prison scenario as a fascinating and inspiring human laboratory. The establishment of the University Poles inside some prisons and the cultural commitment already shown in this direction can be metaphorically considered a bridge between the “inside” and the “outside”. The University entering prison tends to limit the coercive nature of the institution, as it introduces a new element, a real alternative to the processes of cultural impoverishment and subjective annihilation typically connected to the “prisonization”. Specifically, the establishment of the Penitentiary University Pole Centre of Tuscany as an integrated system of coordination between the University of Pisa, Siena and Florence allows prisoners interned in Tuscany prisons to obtain a degree. Education and training are a fundamental human right and such an opportunity guarantees to people held in prison or under alternative measures the educational chance of an university career. Access to higher education within the penitentiary institution is for the inmate not only an instrument and a possibility to gain an education, but also an option within the treatment context.

La sociologia della prigione ha una lunga tradizione di lavoro che risale agli anni Trenta del secolo scorso e si è occupata da sempre di studiare scientificamente il mondo penitenziario in tutte le sue componenti, sia istituzionali che individuali. Negli ultimi tempi, la considerazione del carcere come oggetto privilegiato di studi, per la sua natura di ambiente peculiare, si è arricchita di nuovi apporti e di nuove metodologie, ancorché sperimentali, in grado di restituire la complessità crescente di tale ambiente, nonché i legami forti che esso intrattiene con il mondo esterno, inteso come rispecchiamento del mondo carcerario o come suo rovescio. Lo studio in carcere, da quello che propone il conseguimento del diploma di scuola superiore a quello universitario, introduce ulteriori materiali di riflessione e di orientamento per lo studio del carcere, uno su tutti: il ruolo della cultura. Lo studio in carcere costituisce un banco di prova impegnativo per una sociologia della prigione che voglia dirsi engagée, senza essere di parte, e disegna lo scenario del carcere come ambiente ricco di suggestioni e proposte, un laboratorio umano tutto da esplorare. L’istituzione dei PoliUniversitari all’interno di alcunipenitenziari e l’impegno culturale in questa direzione possono essere metaforicamente considerati un ponte tra il “dentro” e il “fuori”. L’Università che entra in carcere tende a limitare la natura coercitiva di questa istituzione totale; introduce un elemento di novità, una concreta alternativa a quei processi di impoverimento culturale e di annichilimento soggettivo tipici della “prigionizzazione”. Nello specifico, l’istituzione del Polo Universitario Penitenziario della Regione Toscana, quale sistema integrato di coordinamento dei Poli Universitari di Pisa, Siena e Firenze, consente ai detenuti internati negli istituti penitenzia- ri toscani il conseguimento del titolo di studio universitario. La validità di tale percorso, che riconosce l’istruzione e la formazione come diritto fondamentale della persona, garantisce ai soggetti in esecuzione penale in carcere o in misura alternativa l’oppurtunità formativa del percorso universitario. L’accesso agli studi universitari all’interno dell’istituto penitenziaro è per il detenuto strumento e quindi possibilità di formazione e soprattutto di scelta all’interno del percorso trattamentale.