IL FINANZIAMENTO DEI SERVIZI PUBBLICI Il fatto che il diritto comunitario abbia rappresentato il fattore principale di cambiamento nel settore dei servizi pubblici(economici),impone che qualsiasi studio si voglia intraprendere sulla materia non possa prescindere dalla constatazione che questo si inserisce nel contesto più ampio dei rapporti tra costituzione economica europea e costituzione nazionale. Se poi l’indagine sui servizi pubblici si deve concentrare sul relativo sistema di finanziamento, l’approccio non può che passare dall’analisi della disposizione generale contenuta nell’art.86,secondo comma del TCE. Questo dispone,infatti, che “Le imprese incaricate (dai pubblici poteri) della gestione dei servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato ed in particolare alle regole della concorrenza,nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento,in linea di diritto e di fatto,della specifica missione loro affidata.Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della comunità”. Ne consegue che da questa disposizione emergono alcuni aspetti ,quali la prospettazione funzionale dell’attività economica di impresa,il carattere generale dell’interesse,la sussistenza di un obbligo di servizio connesso alla missione affidata all’impresa, che concorrono a delineare la nozione di servizio di interesse economico generale. Ora non essendo possibile a priori e con caratteri di generalità definire il contenuto di tale obbligo, questo studio mette in luce come la nozione comunitaria di servizio pubblico il c.d.”servizio universale” tolleri ma non coincida con una gestione riservata. In sostanza emerge che a differenza della nozione tradizionale di servizio pubblico la nozione di servizio universale finisce con il presupporre, comunque un mercato concorrenziale con una pluralità di operatori implicando in ultima analisi un sistema di rilevazione dei costi connessi alle prestazioni non remunerative finalizzate a garantire livelli di servizio richiesti dalle autorità pubbliche.Come dire che la nozione di servizio universale finisce per essere una nozione “bon a tout faire” posto che l’evoluzione tecnologica nei singoli settori determina un cambiamento nell’equilibrio tra costi e ricavi che porta a restringere progressivamente l’area della regolazione medesima. Su queste premesse lo studio affronta il tema del “rapporto di finanziamento” del servizio pubblico con riferimento a settori specifici di attività sotto due distinte angolature: quella relativa al rapporto tra pubblici poteri e gestore o gestori del servizio universale,quella riferita alle modalità di finanziamento del servizio universale. Così mentre nel settore del trasporto ferroviario la normativa specifica i contenuti dell’obbligazione,disponendo che questi debbono riferirsi all’”esercizio” al “trasporto” ed alle “tariffe”,in altri settori l’universalità è unicamente ricondotta alla garanzia per gli utenti che lo richiedano, di avere accesso alla rete telefonica pubblica fissa in un punto fisso ad un prezzo abbordabile. Sulla base di queste analisi lo studio mette dunque in luce che indipendentemente dalla definizione più o meno puntuale dell’obbligo di universalità, sia nella normativa nazionale che in quella comunitaria, fattori come esercizio, erogazione,tariffazione costituiscono il comun denominatore del servizio pubblico, cui si aggiungono, a seconda delle attività,obblighi ulteriori quali quelli inerenti la fatturazione,le modalità di pagamento dell’allaccio alla rete.. che sono sussidiari a quelli c.d. principali. L’’adempimento da parte delle imprese di tali obblighi implica pertanto dei costi non remunerati che proprio perché doverosi,devono essere in qualche misura finanziati. Passando dunque all’analisi delle modalità di finanziamento quali configurate dall’ordinamento comunitario,a venire in rilievo sono le diverse modalità di compensazione:quelle interne, quelle esterne e quelle perequative. Le prime riconducibili alla c.d. sussidiazione incrociata si configurano nel caso in cui solo un operatore sia in grado di essere attivo in condizioni di redditività, per cui l’’obbligazione di universalità viene finanziata tramite la concessione di riserve o diritti di privativa che consentono di percepire extraprofitti sufficienti a compensare le attività in perdita. Le seconde( compensazioni esterne), si configurano quando gli obblighi di servizio imposti ad uno o più operatori non siano coperti dalla sussidiazione incrociata ma da un sistema di oneri supplementari aggiuntivi o con condivisione dei costi mediante alimentazione di fondi di compensazione. Le terze(compensazioni perequative) si verificano quando muovendo dai costi del servizi, l’Autorità di regolazione consideri nel procedere al calcolo del costo del servizio fattori come quello del vincolo di uniformità della tariffa sul territorio nazionale,ovvero quello della differenziazione dei costi di distribuzione non imputabili alle imprese distributrici. In buona sostanza in base alla determinazione dei costi di ciascun distributore,si configurerebbe in capo al soggetto distributore o venditore il diritto a percepire o l’obbligo a versare una quota da o al conto per il sistema perequativo. Lo studio prende in esame tutte e tre le modalità mettendo in luce come l’applicazione dell’una o dell’altra modalità di compensazione dipenda in realtà dallo specifico settore del servizio pubblico e come sussista a seconda del servizio un elemento di criticità dovuto al fatto che il criterio di compensazione previsto dalla Commissione, si fondi soltanto (come nel caso del servizio postale) sulle scritture contabili di per sè inidonee a garantire, secondo il principio di proporzionalità ,che il finanziamento vada a coprire soltanto l’onere iniquo conseguente all’adempimento dell’obbligazione di universalità. L’inidoneità del sistema di finanziamento dell’obbligo di servizio pubblico mediante compensazioni finanziari, a garantire effettivamente la neutralità concorrenziale e l’efficienza produttiva nel mercato, ha fatto dunque emergere l’esigenza di verificare se per settori di grande rilevanza ci potessero essere meccanismi alternativi volti ad attuare la c.d. concorrenza per il mercato, ove le imprese si contendono tra di loro il diritto di fornire le prestazioni mediante la partecipazione a procedure di gara per l’attribuzione temporanea del mercato. Prospettiva che nella sostanza riconduce la concessione di servizi nell’alveo di un acquisto di servizi finalizzato a soddisfare bisogni della collettività, e che nell’analisi svolta porta tuttavia a ritenere che una impostazione del genere per quanto suggestiva susciti alcune perplessità dovute essenzialmente al fatto che non tiene conto che,dal punto di vista economico, la regolazione per il mercato tende a privilegiare meccanismi d’asta per selezionare ed assegnare il diritto a produrre un bene o un servizio nel mercato. A confermare queste perplessità viene portato a sostegno del ragionamento proprio il rapporto finanziario, ritenuto elemento di distinzione dell’una o dell’altra attività. Nel senso che mentre nell’ambito di un contratto di servizio le leggi di settore fanno esplicito riferimento al prezzo quale elemento costitutivo ed essenziale del rapporto tra pubblica amministrazione ed impresa e si rivolgono ad attività liberalizzate, nell’ambito di un obbligo di servizio,sempre le leggi di settore fanno riferimento a sistemi di compensazione interna ed esterna che si applicano ex lege proprio per conguagliare i costi di quelle attività che “l’impresa,ove considerasse il proprio interesse commerciale,non assumerebbe,o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni”.

"Il finanziamento dei servizi pubblici"

COLOMBINI, GIOVANNA
2004-01-01

Abstract

IL FINANZIAMENTO DEI SERVIZI PUBBLICI Il fatto che il diritto comunitario abbia rappresentato il fattore principale di cambiamento nel settore dei servizi pubblici(economici),impone che qualsiasi studio si voglia intraprendere sulla materia non possa prescindere dalla constatazione che questo si inserisce nel contesto più ampio dei rapporti tra costituzione economica europea e costituzione nazionale. Se poi l’indagine sui servizi pubblici si deve concentrare sul relativo sistema di finanziamento, l’approccio non può che passare dall’analisi della disposizione generale contenuta nell’art.86,secondo comma del TCE. Questo dispone,infatti, che “Le imprese incaricate (dai pubblici poteri) della gestione dei servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato ed in particolare alle regole della concorrenza,nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento,in linea di diritto e di fatto,della specifica missione loro affidata.Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della comunità”. Ne consegue che da questa disposizione emergono alcuni aspetti ,quali la prospettazione funzionale dell’attività economica di impresa,il carattere generale dell’interesse,la sussistenza di un obbligo di servizio connesso alla missione affidata all’impresa, che concorrono a delineare la nozione di servizio di interesse economico generale. Ora non essendo possibile a priori e con caratteri di generalità definire il contenuto di tale obbligo, questo studio mette in luce come la nozione comunitaria di servizio pubblico il c.d.”servizio universale” tolleri ma non coincida con una gestione riservata. In sostanza emerge che a differenza della nozione tradizionale di servizio pubblico la nozione di servizio universale finisce con il presupporre, comunque un mercato concorrenziale con una pluralità di operatori implicando in ultima analisi un sistema di rilevazione dei costi connessi alle prestazioni non remunerative finalizzate a garantire livelli di servizio richiesti dalle autorità pubbliche.Come dire che la nozione di servizio universale finisce per essere una nozione “bon a tout faire” posto che l’evoluzione tecnologica nei singoli settori determina un cambiamento nell’equilibrio tra costi e ricavi che porta a restringere progressivamente l’area della regolazione medesima. Su queste premesse lo studio affronta il tema del “rapporto di finanziamento” del servizio pubblico con riferimento a settori specifici di attività sotto due distinte angolature: quella relativa al rapporto tra pubblici poteri e gestore o gestori del servizio universale,quella riferita alle modalità di finanziamento del servizio universale. Così mentre nel settore del trasporto ferroviario la normativa specifica i contenuti dell’obbligazione,disponendo che questi debbono riferirsi all’”esercizio” al “trasporto” ed alle “tariffe”,in altri settori l’universalità è unicamente ricondotta alla garanzia per gli utenti che lo richiedano, di avere accesso alla rete telefonica pubblica fissa in un punto fisso ad un prezzo abbordabile. Sulla base di queste analisi lo studio mette dunque in luce che indipendentemente dalla definizione più o meno puntuale dell’obbligo di universalità, sia nella normativa nazionale che in quella comunitaria, fattori come esercizio, erogazione,tariffazione costituiscono il comun denominatore del servizio pubblico, cui si aggiungono, a seconda delle attività,obblighi ulteriori quali quelli inerenti la fatturazione,le modalità di pagamento dell’allaccio alla rete.. che sono sussidiari a quelli c.d. principali. L’’adempimento da parte delle imprese di tali obblighi implica pertanto dei costi non remunerati che proprio perché doverosi,devono essere in qualche misura finanziati. Passando dunque all’analisi delle modalità di finanziamento quali configurate dall’ordinamento comunitario,a venire in rilievo sono le diverse modalità di compensazione:quelle interne, quelle esterne e quelle perequative. Le prime riconducibili alla c.d. sussidiazione incrociata si configurano nel caso in cui solo un operatore sia in grado di essere attivo in condizioni di redditività, per cui l’’obbligazione di universalità viene finanziata tramite la concessione di riserve o diritti di privativa che consentono di percepire extraprofitti sufficienti a compensare le attività in perdita. Le seconde( compensazioni esterne), si configurano quando gli obblighi di servizio imposti ad uno o più operatori non siano coperti dalla sussidiazione incrociata ma da un sistema di oneri supplementari aggiuntivi o con condivisione dei costi mediante alimentazione di fondi di compensazione. Le terze(compensazioni perequative) si verificano quando muovendo dai costi del servizi, l’Autorità di regolazione consideri nel procedere al calcolo del costo del servizio fattori come quello del vincolo di uniformità della tariffa sul territorio nazionale,ovvero quello della differenziazione dei costi di distribuzione non imputabili alle imprese distributrici. In buona sostanza in base alla determinazione dei costi di ciascun distributore,si configurerebbe in capo al soggetto distributore o venditore il diritto a percepire o l’obbligo a versare una quota da o al conto per il sistema perequativo. Lo studio prende in esame tutte e tre le modalità mettendo in luce come l’applicazione dell’una o dell’altra modalità di compensazione dipenda in realtà dallo specifico settore del servizio pubblico e come sussista a seconda del servizio un elemento di criticità dovuto al fatto che il criterio di compensazione previsto dalla Commissione, si fondi soltanto (come nel caso del servizio postale) sulle scritture contabili di per sè inidonee a garantire, secondo il principio di proporzionalità ,che il finanziamento vada a coprire soltanto l’onere iniquo conseguente all’adempimento dell’obbligazione di universalità. L’inidoneità del sistema di finanziamento dell’obbligo di servizio pubblico mediante compensazioni finanziari, a garantire effettivamente la neutralità concorrenziale e l’efficienza produttiva nel mercato, ha fatto dunque emergere l’esigenza di verificare se per settori di grande rilevanza ci potessero essere meccanismi alternativi volti ad attuare la c.d. concorrenza per il mercato, ove le imprese si contendono tra di loro il diritto di fornire le prestazioni mediante la partecipazione a procedure di gara per l’attribuzione temporanea del mercato. Prospettiva che nella sostanza riconduce la concessione di servizi nell’alveo di un acquisto di servizi finalizzato a soddisfare bisogni della collettività, e che nell’analisi svolta porta tuttavia a ritenere che una impostazione del genere per quanto suggestiva susciti alcune perplessità dovute essenzialmente al fatto che non tiene conto che,dal punto di vista economico, la regolazione per il mercato tende a privilegiare meccanismi d’asta per selezionare ed assegnare il diritto a produrre un bene o un servizio nel mercato. A confermare queste perplessità viene portato a sostegno del ragionamento proprio il rapporto finanziario, ritenuto elemento di distinzione dell’una o dell’altra attività. Nel senso che mentre nell’ambito di un contratto di servizio le leggi di settore fanno esplicito riferimento al prezzo quale elemento costitutivo ed essenziale del rapporto tra pubblica amministrazione ed impresa e si rivolgono ad attività liberalizzate, nell’ambito di un obbligo di servizio,sempre le leggi di settore fanno riferimento a sistemi di compensazione interna ed esterna che si applicano ex lege proprio per conguagliare i costi di quelle attività che “l’impresa,ove considerasse il proprio interesse commerciale,non assumerebbe,o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni”.
2004
Colombini, Giovanna
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