Habermas ricostruisce il campo semantico del concetto di democrazia politica a partire dalla riflessione sulla compresenza delle dimensioni di “fattualità” e di “validità”. Le istituzioni democratiche, infatti, sono una forma di “intelaiatura organizzativa” dello stato e fissano, al contempo, l’“autocostituirsi di una comunità di consociati eguali e liberi”. Il sistema politico è soggetto a una duplice serie di restrizioni che ne rendono vulnerabile l’operato: l’efficacia delle prestazioni e la legittimità delle scelte. Da un lato, le decisioni politiche sono assunte e rese vincolanti con mezzi legislativi e amministrativi, la cui forza persuasiva poggia, in ultima istanza, su di un potenziale di minaccia che è coperto dagli “strumenti di violenza acquartierati nelle caserme”. D’altro lato, se – come Habermas ritiene – il sistema politico consegue la propria legittimità dal perseguimento dell’interesse generale, in un regime democratico è fondamentale che la procedura deliberativa incarni una prassi in cui si realizza effettivamente il principio della sovranità popolare e che possa essere interpretata come la “realizzazione di diritti”. Negli stati occidentali, il problema della legittimazione è considerato sotto i tre aspetti dello stato di diritto, dello stato sociale e della democrazia politica, ossia dei diritti di libertà soggettiva, dei diritti di giustizia sociale e di un ragionevole grado di partecipazione politica dei cittadini, come singoli e come associati, nelle elezioni delle rappresentanze popolari nelle assemblee degli organi centrali e locali e nella formazione di un’opinione pubblica con funzioni di indirizzo e di controllo degli interessi generali. Habermas chiarisce che non vi è una “connessione concettualmente necessaria” tra i “tre diritti” ma nella storia occidentale si è venuta a determinare una “connessione empirica” favorevole in seguito alle lotte di rivendicazione liberali, repubblicane e socialiste. Le loro costituzionalizzazioni nell’ordinamento giuridico rappresentano momenti cruciali del secolare “ancoramento” del complesso “apparato statale” alla sfera pubblica politica. Dopo aver svolto delle considerazioni sulla trasformazione dell’equilibrio dei poteri costituzionali con la crescente influenza del governo sul parlamento e indicato le principali “regole del gioco democratico” nelle società pluralistiche, Habermas mette in luce come il consenso pubblico rappresenti sia il “primo anello” nella “catena della formazione legittima della volontà e dell’opinione politica”, sia l’“ultimo anello” nella “catena della produzione della lealtà di massa” al potere politico. Questa tensione dilemmatica tra i differenti meccanismi di integrazione della sfera politica sarebbe elusa dalle interpretazioni unilateralmente normative o empiriche. Habermas condivide con H. Arendt l’idea che il recupero di una “cittadinanza attiva” sia possibile solamente rivitalizzando una sfera pubblica che operi da “controforza” rispetto alla ricerca di “lealtà di massa” di un “sistema partitocratrico” autonomizzatosi e al “privatismo civico” di una popolazione spoliticizzata che trova realizzazione nella sfera familistico-professionale e appagamento nel consumo e nei servizi dello stato sociale.

Lo stato democratico

CORCHIA, LUCA
2010-01-01

Abstract

Habermas ricostruisce il campo semantico del concetto di democrazia politica a partire dalla riflessione sulla compresenza delle dimensioni di “fattualità” e di “validità”. Le istituzioni democratiche, infatti, sono una forma di “intelaiatura organizzativa” dello stato e fissano, al contempo, l’“autocostituirsi di una comunità di consociati eguali e liberi”. Il sistema politico è soggetto a una duplice serie di restrizioni che ne rendono vulnerabile l’operato: l’efficacia delle prestazioni e la legittimità delle scelte. Da un lato, le decisioni politiche sono assunte e rese vincolanti con mezzi legislativi e amministrativi, la cui forza persuasiva poggia, in ultima istanza, su di un potenziale di minaccia che è coperto dagli “strumenti di violenza acquartierati nelle caserme”. D’altro lato, se – come Habermas ritiene – il sistema politico consegue la propria legittimità dal perseguimento dell’interesse generale, in un regime democratico è fondamentale che la procedura deliberativa incarni una prassi in cui si realizza effettivamente il principio della sovranità popolare e che possa essere interpretata come la “realizzazione di diritti”. Negli stati occidentali, il problema della legittimazione è considerato sotto i tre aspetti dello stato di diritto, dello stato sociale e della democrazia politica, ossia dei diritti di libertà soggettiva, dei diritti di giustizia sociale e di un ragionevole grado di partecipazione politica dei cittadini, come singoli e come associati, nelle elezioni delle rappresentanze popolari nelle assemblee degli organi centrali e locali e nella formazione di un’opinione pubblica con funzioni di indirizzo e di controllo degli interessi generali. Habermas chiarisce che non vi è una “connessione concettualmente necessaria” tra i “tre diritti” ma nella storia occidentale si è venuta a determinare una “connessione empirica” favorevole in seguito alle lotte di rivendicazione liberali, repubblicane e socialiste. Le loro costituzionalizzazioni nell’ordinamento giuridico rappresentano momenti cruciali del secolare “ancoramento” del complesso “apparato statale” alla sfera pubblica politica. Dopo aver svolto delle considerazioni sulla trasformazione dell’equilibrio dei poteri costituzionali con la crescente influenza del governo sul parlamento e indicato le principali “regole del gioco democratico” nelle società pluralistiche, Habermas mette in luce come il consenso pubblico rappresenti sia il “primo anello” nella “catena della formazione legittima della volontà e dell’opinione politica”, sia l’“ultimo anello” nella “catena della produzione della lealtà di massa” al potere politico. Questa tensione dilemmatica tra i differenti meccanismi di integrazione della sfera politica sarebbe elusa dalle interpretazioni unilateralmente normative o empiriche. Habermas condivide con H. Arendt l’idea che il recupero di una “cittadinanza attiva” sia possibile solamente rivitalizzando una sfera pubblica che operi da “controforza” rispetto alla ricerca di “lealtà di massa” di un “sistema partitocratrico” autonomizzatosi e al “privatismo civico” di una popolazione spoliticizzata che trova realizzazione nella sfera familistico-professionale e appagamento nel consumo e nei servizi dello stato sociale.
2010
Corchia, Luca
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/873862
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