Nel 1778, a pochi mesi di distanza dal suo incontro con Luisa Stolberg d’Albany, giovane sposa dell’anziano Carl Edward Stuart, Vittorio Alfieri avviò la composizione di una tragedia intitolata a Maria Stuarda, la sovrana scozzese già consacrata come personaggio letterario attraverso le rivisitazioni di numerosi letterati e librettisti attivi in tutta Europa. Il testo, che avrebbe finito per scontentare l’autore stesso (e proprio per la debolezza che viziava la figura della protagonista) è tuttavia molto interessante soprattutto per la strategia compositiva non affatto scontata, che pone al centro del dramma non lo scontro fatale con Elisabetta e la fine di Maria sul patibolo, bensì la morte del suo secondo marito, Henry Darnley, ucciso a tradimento da lord Bothwell assetato di potere. L’intervento propone una nuova lettura critica dell’opera alfieriana, incentrata sull’insolita interpretazione del ‘mito’ della sventurata sovrana: interpretazione sicuramente debitrice alle opere storiografiche di Hume e Robertson, ma frutto anche di un giudizio molto personale sulle vicende della dinastia Stuart. All’interesse di Alfieri per quel momento convulso e cruento della storia britannica sembrano infatti aver contribuito sia l’ammirazione già consolidata per la moderna monarchia parlamentare inglese, sia l’estrema delicatezza della sua posizione rispetto al partito stuardista, tradizionalmente protetto dai Savoia, cioè dalla dinastia regnante a Torino, da cui proprio in quell’anno 1778 Alfieri prese definitivamente le distanze, rinunciando ai suoi diritti di feudatario e lasciando per sempre la patria.

A 'triste cometa'. Disclocations of the 'Mary Queen of Scots' Myth in Vittorio Alfieri's 'Maria Stuarda'

Francesca Fedi
2017-01-01

Abstract

Nel 1778, a pochi mesi di distanza dal suo incontro con Luisa Stolberg d’Albany, giovane sposa dell’anziano Carl Edward Stuart, Vittorio Alfieri avviò la composizione di una tragedia intitolata a Maria Stuarda, la sovrana scozzese già consacrata come personaggio letterario attraverso le rivisitazioni di numerosi letterati e librettisti attivi in tutta Europa. Il testo, che avrebbe finito per scontentare l’autore stesso (e proprio per la debolezza che viziava la figura della protagonista) è tuttavia molto interessante soprattutto per la strategia compositiva non affatto scontata, che pone al centro del dramma non lo scontro fatale con Elisabetta e la fine di Maria sul patibolo, bensì la morte del suo secondo marito, Henry Darnley, ucciso a tradimento da lord Bothwell assetato di potere. L’intervento propone una nuova lettura critica dell’opera alfieriana, incentrata sull’insolita interpretazione del ‘mito’ della sventurata sovrana: interpretazione sicuramente debitrice alle opere storiografiche di Hume e Robertson, ma frutto anche di un giudizio molto personale sulle vicende della dinastia Stuart. All’interesse di Alfieri per quel momento convulso e cruento della storia britannica sembrano infatti aver contribuito sia l’ammirazione già consolidata per la moderna monarchia parlamentare inglese, sia l’estrema delicatezza della sua posizione rispetto al partito stuardista, tradizionalmente protetto dai Savoia, cioè dalla dinastia regnante a Torino, da cui proprio in quell’anno 1778 Alfieri prese definitivamente le distanze, rinunciando ai suoi diritti di feudatario e lasciando per sempre la patria.
2017
Fedi, Francesca
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