Commento alla sentenza della Corte costituzionale n.229 del 21 ottobre 2015, con la quale è stato dichiarato incostituzionale il reato di selezione di embrioni a scopo eugenetico (art.13, commi 3, lett.b, e 4 l.40/2004) anche quando la selezione sia finalizzata a prevenire gravidanze che la donna sarebbe comunque legittimata a interrompere, e in specie il trasferimento in utero di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, comma 1, lett. b), L. 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela della maternità e sulla interruzione della gravidanza), accertate da apposite strutture pubbliche. Nella medesima sentenza si dichiara invece non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 6, L. n. 40/2004, nella parte in cui comprende la soppressione di embrioni non trasferiti per le anzidette ragioni. Tale soppressione non sarebbe infatti necessaria per portare a termine utilmente diagnosi e selezione preimpianto, dunque per garantire la salute della donna; l’embrione residuo - dotato di valore costituzionale ex art. 2 Cost. - dovrebbe piuttosto essere crioconservato, in deroga al divieto penale di cui all’art. 14, comma 1, L. n. 40/2004. Nel commento, si ripercorre il dibattito interpretativo circa la natura delittuosa, o addirittura la corrispondenza a un diritto dei richiedenti, della diagnosi e selezione preimpianto; per riconsiderare episodi significativi come le decisioni 151/2009 e 96/2015 della Corte Costituzionale, o la decisione "Costa e Pavan c. Italia" della Corte EDU; per soffermarsi su questioni complesse, ma decisive, come quella dello statuto giuridico dell'embrione umano. A seguito di questa analisi, la sentenza in esame finisce con l'apparire viziata da una sorta di eccesso di zelo (pur comprensibile posta l'esigenza, in particolare, di "rassicurare" la classe medica), essendo già acquisita da tempo l'irrilevanza penale della selezione preimpianto, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata ampiamente praticata, e argomentata, in dottrina e giurisprudenza. Un eccesso di zelo che potrebbe suggerire reinterpretazioni "in malam partem" dell'art.13 l.40/2004, tuttavia contrastanti con il principio di tassatività e con logiche sistematiche; nonché offrire supporto all'ipotesi, anch'essa incompatibile con il principio di legalità, del rilievo penale dell'omesso impedimento della morte dell'embrione.

Gli ultimi fantasmi della legge ’40: incostituzionale il (supposto) reato di selezione preimpianto

VALLINI, ANTONIO
2016-01-01

Abstract

Commento alla sentenza della Corte costituzionale n.229 del 21 ottobre 2015, con la quale è stato dichiarato incostituzionale il reato di selezione di embrioni a scopo eugenetico (art.13, commi 3, lett.b, e 4 l.40/2004) anche quando la selezione sia finalizzata a prevenire gravidanze che la donna sarebbe comunque legittimata a interrompere, e in specie il trasferimento in utero di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, comma 1, lett. b), L. 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela della maternità e sulla interruzione della gravidanza), accertate da apposite strutture pubbliche. Nella medesima sentenza si dichiara invece non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 6, L. n. 40/2004, nella parte in cui comprende la soppressione di embrioni non trasferiti per le anzidette ragioni. Tale soppressione non sarebbe infatti necessaria per portare a termine utilmente diagnosi e selezione preimpianto, dunque per garantire la salute della donna; l’embrione residuo - dotato di valore costituzionale ex art. 2 Cost. - dovrebbe piuttosto essere crioconservato, in deroga al divieto penale di cui all’art. 14, comma 1, L. n. 40/2004. Nel commento, si ripercorre il dibattito interpretativo circa la natura delittuosa, o addirittura la corrispondenza a un diritto dei richiedenti, della diagnosi e selezione preimpianto; per riconsiderare episodi significativi come le decisioni 151/2009 e 96/2015 della Corte Costituzionale, o la decisione "Costa e Pavan c. Italia" della Corte EDU; per soffermarsi su questioni complesse, ma decisive, come quella dello statuto giuridico dell'embrione umano. A seguito di questa analisi, la sentenza in esame finisce con l'apparire viziata da una sorta di eccesso di zelo (pur comprensibile posta l'esigenza, in particolare, di "rassicurare" la classe medica), essendo già acquisita da tempo l'irrilevanza penale della selezione preimpianto, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata ampiamente praticata, e argomentata, in dottrina e giurisprudenza. Un eccesso di zelo che potrebbe suggerire reinterpretazioni "in malam partem" dell'art.13 l.40/2004, tuttavia contrastanti con il principio di tassatività e con logiche sistematiche; nonché offrire supporto all'ipotesi, anch'essa incompatibile con il principio di legalità, del rilievo penale dell'omesso impedimento della morte dell'embrione.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/883326
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