Analisi critica delle fattispecie criminose, o sanzionate in via amministrativa, contenute nella l. n.40 del 2004 in materia di procreazione medicalmente assistita. Il lavoro si articola in alcune parti più strettamente “interpretative”, in cui si ricostruiscono gli elementi costitutivi delle fattispecie e si cercano di risolvere eventuali incongruenze sistematiche e problemi di concorso di norme, ed altre, invece, dedicate a possibili questioni di costituzionalità, o in cui comunque si tentano di sviluppare interpretazioni costituzionalmente orientate. Tra le questioni di fondo, si segnala la riconosciuta funzionalità della procreazione assistita rispetto alla salvaguardia del diritto alla salute – ma non in tutti i casi – e la negata attribuzione all’”embrione” dello statuto giuridico di una “persona”. A questa seconda conclusione si perviene evidenziando, in una prospettiva strettamente giuridico-penalistica, a quali paradossi condurrebbe l’opposta soluzione e come lo stesso tessuto normativo della legge 40/2004 in realtà non sia compatibile con l’idea dell’”embrione-persona”, sembrando piuttosto tutelare una “dignità della vita umana” depersonalizzata, o una sorta di “principio di intangibilità” dell’embrione stesso. Queste ed altre precisazioni circa il contesto valoriale in cui la legge 40/2004 si inserisce, portano a dubitare della adeguatezza costituzionale, in primo luogo, di diversi divieti che sacrificano in modo irragionevole il diritto alla salute riproduttiva o la libertà di procreazione (come certi divieti di accesso o, in una prospettiva peculiare, il divieto di fecondazione eterologa: proibizioni che non possono ritenersi a salvaguardia del benessere del figlio, dato che il loro rispetto impedisce lo stesso concepimento di qualsiasi “figlio”); in secondo luogo, di talune norme incriminatrici che tutelano in modo assoluto quella “dignità della vita umana”, di dubbio valore costituzionale, con sacrificio di altri diritti invece senz’altro fondamentali, come quello alla salute della donna, o il diritto-libertà di ricerca scientifica (si pensi ai reati in tema di crioconservazione o limitazione degli embrioni producibili e trasferibili, in effetti in seguito dichiarati almeno in parte incostituzionali, o ai reati in materia di sperimentazione e clonazione terapeutica). Tra le interpretazioni costituzionalmente orientate, si segnala quella che porta a ritenere praticabile de iure condito la selezione e diagnosi preimpianto, almeno nei casi in cui sarebbe successivamente possibile il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, pena, altrimenti, il verificarsi di una irragionevole disparità di trattamento, in pregiudizio della salute della donna: ipotesi che ha trovato una conferma, a posteriori, in un orientamento ormai ampiamente rappresentato nella giurisprudenza di merito.

Procreazione medicalmente assistita (Commento alla legge 19 febbraio 2004, n.40, Norme in materia di procreazione medicalmente assistita)

VALLINI, ANTONIO
2007-01-01

Abstract

Analisi critica delle fattispecie criminose, o sanzionate in via amministrativa, contenute nella l. n.40 del 2004 in materia di procreazione medicalmente assistita. Il lavoro si articola in alcune parti più strettamente “interpretative”, in cui si ricostruiscono gli elementi costitutivi delle fattispecie e si cercano di risolvere eventuali incongruenze sistematiche e problemi di concorso di norme, ed altre, invece, dedicate a possibili questioni di costituzionalità, o in cui comunque si tentano di sviluppare interpretazioni costituzionalmente orientate. Tra le questioni di fondo, si segnala la riconosciuta funzionalità della procreazione assistita rispetto alla salvaguardia del diritto alla salute – ma non in tutti i casi – e la negata attribuzione all’”embrione” dello statuto giuridico di una “persona”. A questa seconda conclusione si perviene evidenziando, in una prospettiva strettamente giuridico-penalistica, a quali paradossi condurrebbe l’opposta soluzione e come lo stesso tessuto normativo della legge 40/2004 in realtà non sia compatibile con l’idea dell’”embrione-persona”, sembrando piuttosto tutelare una “dignità della vita umana” depersonalizzata, o una sorta di “principio di intangibilità” dell’embrione stesso. Queste ed altre precisazioni circa il contesto valoriale in cui la legge 40/2004 si inserisce, portano a dubitare della adeguatezza costituzionale, in primo luogo, di diversi divieti che sacrificano in modo irragionevole il diritto alla salute riproduttiva o la libertà di procreazione (come certi divieti di accesso o, in una prospettiva peculiare, il divieto di fecondazione eterologa: proibizioni che non possono ritenersi a salvaguardia del benessere del figlio, dato che il loro rispetto impedisce lo stesso concepimento di qualsiasi “figlio”); in secondo luogo, di talune norme incriminatrici che tutelano in modo assoluto quella “dignità della vita umana”, di dubbio valore costituzionale, con sacrificio di altri diritti invece senz’altro fondamentali, come quello alla salute della donna, o il diritto-libertà di ricerca scientifica (si pensi ai reati in tema di crioconservazione o limitazione degli embrioni producibili e trasferibili, in effetti in seguito dichiarati almeno in parte incostituzionali, o ai reati in materia di sperimentazione e clonazione terapeutica). Tra le interpretazioni costituzionalmente orientate, si segnala quella che porta a ritenere praticabile de iure condito la selezione e diagnosi preimpianto, almeno nei casi in cui sarebbe successivamente possibile il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, pena, altrimenti, il verificarsi di una irragionevole disparità di trattamento, in pregiudizio della salute della donna: ipotesi che ha trovato una conferma, a posteriori, in un orientamento ormai ampiamente rappresentato nella giurisprudenza di merito.
2007
Vallini, Antonio
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/883349
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