Fra le dottrine di Platone, l’immortalità dell’anima è sempre stata ritenuta centrale. Ma quale parte dell’anima è immortale, solo quella razionale oppure anche quelle da cui si originano i nostri impulsi e la nostra vita biologica? E se la nostra anima è immortale in quanto affine alla realtà intelligibile, che è eterna e immateriale, perché si trova qui, nel mondo sensibile e perché è intrinsecamente legata a un corpo? Quest’ultimo, infatti, è perituro e tanto diverso dalla realtà intelligibile, che per suo tramite non potremo mai conoscerla, e anzi la conosciamo solo prescindendo dalla conoscenza sensibile. Platone non sembra avere una posizione univoca su questi temi; per di piú, talvolta afferma che l’anima è immortale perché è ingenerata, talvolta ne descrive la generazione da parte del Dio artefice. Questi problemi, cruciali nella storia del platonismo antico, vengono affrontati in modo nuovo da Plotino, nel III secolo della nostra era. Convinto che la corretta definizione di “anima” sia il punto di partenza dell’indagine sulla sua mortalità o immortalità, egli dedica un’ampia parte confutatoria all’emergentismo stoico e all’epifenomenismo, incarnato per lui dalla dottrina “pitagorica” dell’anima-armonia e dalla dottrina aristotelica dell’anima atto del corpo. Utilizzando ampiamente e criticamente tutta la letteratura di controversia della sua epoca – soprattutto Alessandro di Afrodisia e Plutarco –, egli affronta le concezioni dell’anima diverse da quella platonica sul loro stesso terreno e mira a dimostrare che nessuna soddisfa veramente le istanze per le quali era stata formulata. Solo il platonismo, inteso non nel senso dualista di un’anima che si contrapponga al corpo, ma in un senso profondamente riformato, dà conto della vera natura dell’anima. Compresa questa vera natura, si comprenderà al tempo stesso che essa non può non essere immortale. Questo scritto, composto intorno alla metà del III secolo d.C., fu tradotto in arabo circa sei secoli dopo, e fu incluso quasi per intero in un’opera, la pseudo-Teologia di Aristotele, destinata ad esercitare una grande influenza sulla filosofia arabo-musulmana. Attribuita ad Aristotele, la dottrina dell’immortalità dell’anima divenne uno dei temi principali del pensiero filosofico in lingua araba, fino ad Avicenna ed oltre. In questo volume il trattato di Plotino Sull’  immortalità dell’  anima, con testo greco, traduzione e commento, è seguito dall’edizione con traduzione e commento della sua versione araba.

Plotino. L’immortalità dell’anima (IV 7[2]). Plotiniana Arabica (Pseudo-Teologia di Aristotele, capitoli I, III, IX). Introduzione, testo greco, traduzione e commento, testo arabo, traduzione e commento

D'ANCONA
2017-01-01

Abstract

Fra le dottrine di Platone, l’immortalità dell’anima è sempre stata ritenuta centrale. Ma quale parte dell’anima è immortale, solo quella razionale oppure anche quelle da cui si originano i nostri impulsi e la nostra vita biologica? E se la nostra anima è immortale in quanto affine alla realtà intelligibile, che è eterna e immateriale, perché si trova qui, nel mondo sensibile e perché è intrinsecamente legata a un corpo? Quest’ultimo, infatti, è perituro e tanto diverso dalla realtà intelligibile, che per suo tramite non potremo mai conoscerla, e anzi la conosciamo solo prescindendo dalla conoscenza sensibile. Platone non sembra avere una posizione univoca su questi temi; per di piú, talvolta afferma che l’anima è immortale perché è ingenerata, talvolta ne descrive la generazione da parte del Dio artefice. Questi problemi, cruciali nella storia del platonismo antico, vengono affrontati in modo nuovo da Plotino, nel III secolo della nostra era. Convinto che la corretta definizione di “anima” sia il punto di partenza dell’indagine sulla sua mortalità o immortalità, egli dedica un’ampia parte confutatoria all’emergentismo stoico e all’epifenomenismo, incarnato per lui dalla dottrina “pitagorica” dell’anima-armonia e dalla dottrina aristotelica dell’anima atto del corpo. Utilizzando ampiamente e criticamente tutta la letteratura di controversia della sua epoca – soprattutto Alessandro di Afrodisia e Plutarco –, egli affronta le concezioni dell’anima diverse da quella platonica sul loro stesso terreno e mira a dimostrare che nessuna soddisfa veramente le istanze per le quali era stata formulata. Solo il platonismo, inteso non nel senso dualista di un’anima che si contrapponga al corpo, ma in un senso profondamente riformato, dà conto della vera natura dell’anima. Compresa questa vera natura, si comprenderà al tempo stesso che essa non può non essere immortale. Questo scritto, composto intorno alla metà del III secolo d.C., fu tradotto in arabo circa sei secoli dopo, e fu incluso quasi per intero in un’opera, la pseudo-Teologia di Aristotele, destinata ad esercitare una grande influenza sulla filosofia arabo-musulmana. Attribuita ad Aristotele, la dottrina dell’immortalità dell’anima divenne uno dei temi principali del pensiero filosofico in lingua araba, fino ad Avicenna ed oltre. In questo volume il trattato di Plotino Sull’  immortalità dell’  anima, con testo greco, traduzione e commento, è seguito dall’edizione con traduzione e commento della sua versione araba.
2017
D'Ancona, Cristina
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/884763
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