Nel saggio vengono analizzate le idee di alcuni autori importanti nel periodo tra le due grandi rivoluzioni (Beccaria, Mazzei, Paoli, Buttafoco, Magnanima, Genovesi, Galanti, Filangieri, Compagnoni) e viene descritto il graduale cambiamento del pensiero politico italiano. Sino al 1776, più che di democrazia, in Italia si potè parlare di “repubblica”, sulla scorta dell’interpretazione della tradizione repubblicana classica fornita da Niccolò Machiavelli e da Montesquieu, ma a partire dalla metà del secolo, sarebbe venuto gradatamente richiesto un ampliamento dei diritti politici del popolo . La nostra democrazia è una democrazia liberale e il modo in cui si definisce questo concetto in Italia ha delle profonde analogie con quanto si verificò contestualmente in Europa e in America, nel periodo cruciale che va dalla metà del Settecento alla metà del secolo successivo. Il termine democrazia andò infatti a legarsi a filo doppio con l’aggettivo liberale, il cui focus principale è l’autonomia dell’individuo, l’interazione e l’equilibrio tra i principi di libertà e uguaglianza. Nella transizione dal vecchio mondo aristocratico e monarchico al nuovo mondo democratico giocarono un ruolo fondamentale i concetti di governo rappresentativo ed opinione pubblica, tra loro strettamente legati, che emersero prepotentemente dalla metà del Settecento all’epoca delle rivoluzioni. Essi svolsero la funzione di addomesticare e contenere l’idea e l’esperienza della democrazia diretta e di renderla possibile in uno stato di grandi dimensioni, ma anche quella, altrettanto importante, di assurgere a fonte di legittimazione del potere, nel trapasso tra l’idea che il potere del monarca derivasse da Dio e quella che voleva che risiedesse unicamente nel popolo.
Democrazia, repubblica e governo rappresentativi in Italia, nell’epoca delle rivoluzioni
Lenci, Mauro
2017-01-01
Abstract
Nel saggio vengono analizzate le idee di alcuni autori importanti nel periodo tra le due grandi rivoluzioni (Beccaria, Mazzei, Paoli, Buttafoco, Magnanima, Genovesi, Galanti, Filangieri, Compagnoni) e viene descritto il graduale cambiamento del pensiero politico italiano. Sino al 1776, più che di democrazia, in Italia si potè parlare di “repubblica”, sulla scorta dell’interpretazione della tradizione repubblicana classica fornita da Niccolò Machiavelli e da Montesquieu, ma a partire dalla metà del secolo, sarebbe venuto gradatamente richiesto un ampliamento dei diritti politici del popolo . La nostra democrazia è una democrazia liberale e il modo in cui si definisce questo concetto in Italia ha delle profonde analogie con quanto si verificò contestualmente in Europa e in America, nel periodo cruciale che va dalla metà del Settecento alla metà del secolo successivo. Il termine democrazia andò infatti a legarsi a filo doppio con l’aggettivo liberale, il cui focus principale è l’autonomia dell’individuo, l’interazione e l’equilibrio tra i principi di libertà e uguaglianza. Nella transizione dal vecchio mondo aristocratico e monarchico al nuovo mondo democratico giocarono un ruolo fondamentale i concetti di governo rappresentativo ed opinione pubblica, tra loro strettamente legati, che emersero prepotentemente dalla metà del Settecento all’epoca delle rivoluzioni. Essi svolsero la funzione di addomesticare e contenere l’idea e l’esperienza della democrazia diretta e di renderla possibile in uno stato di grandi dimensioni, ma anche quella, altrettanto importante, di assurgere a fonte di legittimazione del potere, nel trapasso tra l’idea che il potere del monarca derivasse da Dio e quella che voleva che risiedesse unicamente nel popolo.File | Dimensione | Formato | |
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