La commedia all’italiana rappresenta e aiuta a comprendere la storia e il costume dell’Italia del Novecento. Questo è vero anche per il rapporto tra lingua e società, che conosce sviluppi decisivi proprio negli anni Sessanta del secolo scorso. La grande guerra (M. Monicelli, 1959) mostra un’Italia caratterizzata, a livello degli strati subalterni, dall’uso di dialetti o varietà regionali, mentre l’uso dell’italiano è proprio delle élites colte, in questo caso gli ufficiali. Tra i due poli, però, alcuni “umili” - come i tre protagonisti, interpretati da Gassman, Sordi e Silvana Mangano - sono capaci di padroneggiare, entro certi limiti, i codici linguistici più elevati. Il sorpasso (D. Risi, 1962) - road movie ante litteram tanto che, intitolato in inglese The Easy Life, è stato ripreso da Easy Rider - è l’epopea del boom italiano degli anni Sessanta. Qui risalta il nuovo volto linguistico dell’Italia. Rispetto agli anni Cinquanta, il dialetto non è più predominante: a esso però si sostituisce non solo l’italiano ‘ufficiale’ ma, spesso, un intreccio tra l’italiano e i vari dialetti, favorito dall’accresciuta mobilità sociale e territoriale. Anche in C’eravamo tanto amati (E. Scola, 1974) la distribuzione, tra i sei protagonisti, di italiano e dialetto, italiano standard e dialetto più stretto riflette i cambiamenti della società e delle sue modalità espressive. Ad esempio l’opposizione tra i due poli, italiano e dialetto (romanesco), è ben chiara nel dialogo che contrappone Gianni Perego-Gassman, avvocato e industriale senza scrupoli, italofono e sempre pronto a stigmatizzare gli altrui difetti linguistici, al vecchio Romolo Catenacci-Fabrizi che, pur arricchitosi con l’edilizia, non rinuncia al romanesco e lo usa anzi come scudo difensivo e segnale identitario. Un bell’esempio di intreccio tra italiano e dialetto lo mostra invece Antonio-Manfredi, verso la fine del film: - Che tte pare… li posti a scòla so’ ssolo ducento! La domanda è la seguente. Che vvolemo fa’?... E allora entriamo tutti assieme, nominiamo un comitato unitario di lotta … e occupàmo la scòla! –. Il contributo sviluppa l’analisi di questi film - come pure de L’armata Brancaleone (M. Monicelli. 1966) e di In nome del popolo italiano (D. Risi, 1971) - sui piani diacronico e diatopico ma anche diamesico e diafasico, esaminando in particolare aspetti legati ai mezzi di comunicazione di massa (centrali in C’eravamo tanto amati) e ai linguaggi specialistici, di grande rilievo per In nome del popolo italiano.

Monicelli, Risi, Scola: variazione linguistica e commedia

Fabrizio Franceschini
2017-01-01

Abstract

La commedia all’italiana rappresenta e aiuta a comprendere la storia e il costume dell’Italia del Novecento. Questo è vero anche per il rapporto tra lingua e società, che conosce sviluppi decisivi proprio negli anni Sessanta del secolo scorso. La grande guerra (M. Monicelli, 1959) mostra un’Italia caratterizzata, a livello degli strati subalterni, dall’uso di dialetti o varietà regionali, mentre l’uso dell’italiano è proprio delle élites colte, in questo caso gli ufficiali. Tra i due poli, però, alcuni “umili” - come i tre protagonisti, interpretati da Gassman, Sordi e Silvana Mangano - sono capaci di padroneggiare, entro certi limiti, i codici linguistici più elevati. Il sorpasso (D. Risi, 1962) - road movie ante litteram tanto che, intitolato in inglese The Easy Life, è stato ripreso da Easy Rider - è l’epopea del boom italiano degli anni Sessanta. Qui risalta il nuovo volto linguistico dell’Italia. Rispetto agli anni Cinquanta, il dialetto non è più predominante: a esso però si sostituisce non solo l’italiano ‘ufficiale’ ma, spesso, un intreccio tra l’italiano e i vari dialetti, favorito dall’accresciuta mobilità sociale e territoriale. Anche in C’eravamo tanto amati (E. Scola, 1974) la distribuzione, tra i sei protagonisti, di italiano e dialetto, italiano standard e dialetto più stretto riflette i cambiamenti della società e delle sue modalità espressive. Ad esempio l’opposizione tra i due poli, italiano e dialetto (romanesco), è ben chiara nel dialogo che contrappone Gianni Perego-Gassman, avvocato e industriale senza scrupoli, italofono e sempre pronto a stigmatizzare gli altrui difetti linguistici, al vecchio Romolo Catenacci-Fabrizi che, pur arricchitosi con l’edilizia, non rinuncia al romanesco e lo usa anzi come scudo difensivo e segnale identitario. Un bell’esempio di intreccio tra italiano e dialetto lo mostra invece Antonio-Manfredi, verso la fine del film: - Che tte pare… li posti a scòla so’ ssolo ducento! La domanda è la seguente. Che vvolemo fa’?... E allora entriamo tutti assieme, nominiamo un comitato unitario di lotta … e occupàmo la scòla! –. Il contributo sviluppa l’analisi di questi film - come pure de L’armata Brancaleone (M. Monicelli. 1966) e di In nome del popolo italiano (D. Risi, 1971) - sui piani diacronico e diatopico ma anche diamesico e diafasico, esaminando in particolare aspetti legati ai mezzi di comunicazione di massa (centrali in C’eravamo tanto amati) e ai linguaggi specialistici, di grande rilievo per In nome del popolo italiano.
2017
Franceschini, Fabrizio
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/887184
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