A fronte di un riconoscimento esplicito nelle Carte internazionali dei diritti ( Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 (art. 25), Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966 (art.11) e di un progressivo affinamento della configurazione ad opera delle organizzazioni e dei forum internazionali della FAO e dell’OMS e dei General Comments del United Nations Committee on Economic, Social and Cultural Rights (vedi in particolare il GC 12 in cui si definisce il diritto al cibo adeguato : “ right to adequate food is realized when every man, woman and child, alone or in community with others, has physical and economic access at all times to adequate food or means for its procurement”) , il diritto ad una alimentazione adeguata non trova base giuridica in un riferimento esplicito della nostra Carta costituzionale . Non mancano le letture – suffragate dalle pronunce della Corte costituzionale - volte a ritenerlo ricompreso sia fra i principi fondamentali , come elemento ineliminabile della tutela della dignità e dell’eguaglianza, sia come implicita componente e corollario di alcuni dei diritti legati ai rapporti etico-sociali (art. 32) e ai rapporti economici (artt. 36 e 38). Il diritto all’alimentazione adeguata rientrerebbe fra le competenze esclusive dello Stato perché attinente all’ambito della “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (Corte cost. 10 /2010), laddove con il riferimento all’”alimentazione”, così come alla “salute”, come materie di competenza concorrente verrebbero in considerazione piuttosto i profili organizzativo-amministrativi. Il dato di una perdurante difficoltà di raggiungere gli obiettivi di limitazione, se non di eliminazione della morte per fame in alcune zone del mondo, si accompagna da circa un decennio con l’ osservazione della crescita della povertà alimentare nei Paesi sviluppati, ovvero “dell’incapacità di accedere a cibo quantitativamente e qualitativamente adeguato a garantire (…)una vita sana e attiva rispetto al (…) contesto di riferimento”: in Italia sono circa 5,5 milioni le persone in questa condizione . Le strategie per affrontare il problema riposano, oltreché su un intervento normativo che ha avuto ad oggetto la produzione agricola e il mercato alimentare, sui programmi di assistenza al livello europeo e sul sistema di welfare nazionale, ormai in crisi a seguito delle difficoltà di bilancio (e da ultimo sulla prospettiva della introduzione di un reddito minimo di sussistenza). Si sta affermando negli ultimi anni un contesto di c.d. secondo welfare che potrebbe favorire l’elaborazione di alcune risposte. Per secondo welfare si intende quell’insieme di “protezioni ed investimenti sociali a finanziamento non pubblico, fornito da una vasta gamma di attori economici e sociali collegati in reti caratterizzate dal forte ancoraggio territoriale, che vanno progressivamente affiancandosi al primo welfare di natura pubblica e obbligatoria”. In questo ambito di innovazione sociale e attraverso questi soggetti possono essere messe in atto azioni di contrasto alla povertà e resi effettivi alcuni diritti fondamentali e segnatamente il diritto al cibo: il banco alimentare, gli empori solidali, alcune forme di agricoltura urbana, i gruppi di acquisto sono alcuni esempi di strumenti che possono efficacemente intervenire per la realizzazione del diritto ad una alimentazione adeguata .

DIRITTO AL CIBO E SECONDO WELFARE: UNA DRITTWIRKUNG “DIFFUSA”?

Eleonora Sirsi
Writing – Original Draft Preparation
2017-01-01

Abstract

A fronte di un riconoscimento esplicito nelle Carte internazionali dei diritti ( Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 (art. 25), Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966 (art.11) e di un progressivo affinamento della configurazione ad opera delle organizzazioni e dei forum internazionali della FAO e dell’OMS e dei General Comments del United Nations Committee on Economic, Social and Cultural Rights (vedi in particolare il GC 12 in cui si definisce il diritto al cibo adeguato : “ right to adequate food is realized when every man, woman and child, alone or in community with others, has physical and economic access at all times to adequate food or means for its procurement”) , il diritto ad una alimentazione adeguata non trova base giuridica in un riferimento esplicito della nostra Carta costituzionale . Non mancano le letture – suffragate dalle pronunce della Corte costituzionale - volte a ritenerlo ricompreso sia fra i principi fondamentali , come elemento ineliminabile della tutela della dignità e dell’eguaglianza, sia come implicita componente e corollario di alcuni dei diritti legati ai rapporti etico-sociali (art. 32) e ai rapporti economici (artt. 36 e 38). Il diritto all’alimentazione adeguata rientrerebbe fra le competenze esclusive dello Stato perché attinente all’ambito della “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (Corte cost. 10 /2010), laddove con il riferimento all’”alimentazione”, così come alla “salute”, come materie di competenza concorrente verrebbero in considerazione piuttosto i profili organizzativo-amministrativi. Il dato di una perdurante difficoltà di raggiungere gli obiettivi di limitazione, se non di eliminazione della morte per fame in alcune zone del mondo, si accompagna da circa un decennio con l’ osservazione della crescita della povertà alimentare nei Paesi sviluppati, ovvero “dell’incapacità di accedere a cibo quantitativamente e qualitativamente adeguato a garantire (…)una vita sana e attiva rispetto al (…) contesto di riferimento”: in Italia sono circa 5,5 milioni le persone in questa condizione . Le strategie per affrontare il problema riposano, oltreché su un intervento normativo che ha avuto ad oggetto la produzione agricola e il mercato alimentare, sui programmi di assistenza al livello europeo e sul sistema di welfare nazionale, ormai in crisi a seguito delle difficoltà di bilancio (e da ultimo sulla prospettiva della introduzione di un reddito minimo di sussistenza). Si sta affermando negli ultimi anni un contesto di c.d. secondo welfare che potrebbe favorire l’elaborazione di alcune risposte. Per secondo welfare si intende quell’insieme di “protezioni ed investimenti sociali a finanziamento non pubblico, fornito da una vasta gamma di attori economici e sociali collegati in reti caratterizzate dal forte ancoraggio territoriale, che vanno progressivamente affiancandosi al primo welfare di natura pubblica e obbligatoria”. In questo ambito di innovazione sociale e attraverso questi soggetti possono essere messe in atto azioni di contrasto alla povertà e resi effettivi alcuni diritti fondamentali e segnatamente il diritto al cibo: il banco alimentare, gli empori solidali, alcune forme di agricoltura urbana, i gruppi di acquisto sono alcuni esempi di strumenti che possono efficacemente intervenire per la realizzazione del diritto ad una alimentazione adeguata .
2017
Sirsi, Eleonora
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/905825
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact