Le indagini paleonutrizionali Da alcuni anni gli studi osteoarcheologici hanno cominciato ad avvalersi di metodi chimico-fisici che permettono l'acquisizione di nuovi dati quantitativi, utili per la ricostruzione della bioarcheologia delle popolazioni antiche. Una di queste applicazioni riguarda la paleonutrizione che ricostruisce, attraverso l'analisi chimica della componente organica dell'osso (il collagene), il tipo di alimentazione seguita dal gruppo umano in studio. Attraverso le indagini paleonutrizionali sarà anche possibile risalire al tipo di economia (agricoltura, allevamento), fornendo un contributo fondamentale alla ricostruzione dello stile di vita delle popolazioni del passato. Gli isotopi Una variazione nel numero di neutroni del nucleo di un atomo produce atomi dello stesso elemento che differiscono per la massa, conosciuti come isotopi. Gli isotopi possono essere stabili, come il 13C e l’15N, o radioattivi, come il 14C utile per le datazioni. Per gli studi paleonutrizionali vengono utilizzati gli isotopi stabili, poiché le quantità relative di questi isotopi non cambiano nel tempo e, pertanto, le frazioni di isotopi stabili presenti nell’osso archeologico rifletteranno le frazioni presenti al momento del decesso. Gli isotopi stabili, il collagene osseo e la dieta Esperimenti nutrizionali negli animali hanno dimostrato che i valori del δ13C and δ15N nella frazione organica, o proteica, dell’osso (collagene) sono in rapporto diretto con il loro assorbimento alimentare e possono essere usati per stabilire il contributo di specifici componenti della dieta. Infatti, sia i valori del δ13C che quelli del δ15N crescono gradualmente nel corso della catena alimentare a partire dalle piante con bassi valori di δ13C e δ15N, passando attraverso gli erbivori, i carnivori e i supercarnivori. L’analisi contemporanea dei valori del δ13C e del δ15N permette anche di determinare il ruolo dei cibi di origine marina, cioè del pesce, in quanto gli organismi degli ecosistemi marini possiedono valori più elevati in δ13C e δ15N rispetto agli organismi degli ecosistemi terrestri. I nobili Abbiamo studiato 25 individui della Basilica di S. Domenico Maggiore a Napoli (XV-XVII secolo) e 20 individui delle Cappelle Medicee, nella Basilica di S. Lorenzo a Firenze (XVI-XVII secolo), comprendenti rispettivamente i sovrani e la corte aragonese del XV-XVI secolo e i granduchi di Toscana. Gli alti valori di δ15N e di δ13C riscontrati, a livello dei carnivori, dimostrano una dieta molto ricca in proteine di origine animale. Le somiglianze isotopiche, ben evidenti nelle coppie di coniugi o di fratelli, sono l’ovvia conseguenza di persone che vivevano nello stesso “ambiente” alimentare. La coppia più “carnivora” è costituita da Francesco I e da Giovanna d’Austria, mentre la coppia Luigi e Caterina di Moncada – insieme a Ferrante d’Avalos – mostra la dieta più ricca in pesce di mare. Ma Luigi Moncada e Ferrante d’Avalos erano entrambi viceré spagnoli di Sicilia e vivevano a Palermo. Pertanto, l’alimentazione siciliana, ricca di pesce pregiato, costituisce la spiegazione più plausibile. Il consumo di pesce delle classi nobili I dati isotopici, simili a quelli riscontrati in altre serie dell’Europa settentrionale, mettono chiaramente in evidenza un aumento significativo del consumo di pesce di mare nel basso Medioevo ed in Età Moderna. È lecito pensare che il fenomeno sia dovuto, oltre che a motivi economici, anche ad una più stretta osservazione del precetto della vigilia, imposto dalla Chiesa. Infatti, in Età rinascimentale e moderna la carne era di solito proibita il venerdì e il sabato, la vigilia di importanti festività e durante l’Avvento e la Quaresima: tutti insieme, questi periodi di astinenza dalla carne potevano variare da un terzo alla metà dei giorni dell’anno. La paleonutrizione toscana I campioni rurali della Toscana si raggruppano ad un livello nettamente inferiore rispetto ai nobili rinascimentali (Medici, Aragonesi e Guinigi), che si pongono nella parte alta del grafico. Per la Pieve dei Monti di Villa, un campione di popolazione rurale medievale e post-medievale della Val di Lima lucchese, il valore del δ 15N si avvicina addirittura al livello degli erbivori terrestri. Considerato l'ambiente della Val di Lima, una fonte di energia disponibile doveva derivare certamente dal consumo di castagne. Infatti, la fascia collinare è caratterizzata, ancora oggi, da ampi castagneti su terrazzamenti, che raggiungono gli 800 metri su entrambi i versanti. La castagna rappresentò certamente per queste popolazioni l'unica vera risorsa disponibile per il fabbisogno alimentare, tanto da essere definita "pane dei poveri". Da segnalare nel campione ottocentesco della Pieve dei Monti di Villa e di Benabbio, una differenza significativa nell’apporto proteico fra i maschi e le femmine, che sembrava dimostrare un minore accesso di queste ultime alle proteine e ai cibi di origine animale. Si era ipotizzata una società contadina patriarcale, dove le donne, che occupavano posizioni "deboli" all'interno della scala sociale, potevano avere a disposizione una minore quantità di cibo pregiato, rispetto alla “forza-lavoro” maschile. Però, l’esame dei registri della Prefettura di Lucca, che riportano anche la professione dei deceduti, ha rivelato la presenza, fra i maschi, di ben 10 ˝possidenti˝, mentre fra le donne non era presente alcun ˝possidente˝ ma comparivano ben 8 braccianti. Pertanto, il motivo dell’alimentazione femminile più povera di proteine è più di tipo sociale che antropologico. In conclusione, i primi dati ottenuti sono sufficienti a dimostrare l’interesse dei moderni studi paleonutrizionali. Questi studi sono finalizzati alla ricostruzione non solo della dieta, ma anche, in una visione più ampia, delle “esigenze” alimentari di gruppi particolari, e si affiancano all’antropologia fisica e alla paleopatologia per la ricostruzione dello stile di vita delle popolazioni del passato. Bibliografia Fornaciari G, 2008. Food and disease at the Renaissance courts of Naples and Florence: A paleonutritional study. Appetite 51: 10-14. Fornaciari G 2016. “Tu sei quello che mangi”: Le economie alimentari nelle analisi isotopiche di campioni medievali e post-medievali della Toscana. In “L’alimentazione nell’Altomedioevo: Pratiche, simboli, ideologie”. Atti delle Settimane di Studio della Fondazione Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo vol. 63, Spoleto, 9-14 aprile 2015, pp. 657-670.
Gli studi della paleonutrizione
Fornaciari G
2018-01-01
Abstract
Le indagini paleonutrizionali Da alcuni anni gli studi osteoarcheologici hanno cominciato ad avvalersi di metodi chimico-fisici che permettono l'acquisizione di nuovi dati quantitativi, utili per la ricostruzione della bioarcheologia delle popolazioni antiche. Una di queste applicazioni riguarda la paleonutrizione che ricostruisce, attraverso l'analisi chimica della componente organica dell'osso (il collagene), il tipo di alimentazione seguita dal gruppo umano in studio. Attraverso le indagini paleonutrizionali sarà anche possibile risalire al tipo di economia (agricoltura, allevamento), fornendo un contributo fondamentale alla ricostruzione dello stile di vita delle popolazioni del passato. Gli isotopi Una variazione nel numero di neutroni del nucleo di un atomo produce atomi dello stesso elemento che differiscono per la massa, conosciuti come isotopi. Gli isotopi possono essere stabili, come il 13C e l’15N, o radioattivi, come il 14C utile per le datazioni. Per gli studi paleonutrizionali vengono utilizzati gli isotopi stabili, poiché le quantità relative di questi isotopi non cambiano nel tempo e, pertanto, le frazioni di isotopi stabili presenti nell’osso archeologico rifletteranno le frazioni presenti al momento del decesso. Gli isotopi stabili, il collagene osseo e la dieta Esperimenti nutrizionali negli animali hanno dimostrato che i valori del δ13C and δ15N nella frazione organica, o proteica, dell’osso (collagene) sono in rapporto diretto con il loro assorbimento alimentare e possono essere usati per stabilire il contributo di specifici componenti della dieta. Infatti, sia i valori del δ13C che quelli del δ15N crescono gradualmente nel corso della catena alimentare a partire dalle piante con bassi valori di δ13C e δ15N, passando attraverso gli erbivori, i carnivori e i supercarnivori. L’analisi contemporanea dei valori del δ13C e del δ15N permette anche di determinare il ruolo dei cibi di origine marina, cioè del pesce, in quanto gli organismi degli ecosistemi marini possiedono valori più elevati in δ13C e δ15N rispetto agli organismi degli ecosistemi terrestri. I nobili Abbiamo studiato 25 individui della Basilica di S. Domenico Maggiore a Napoli (XV-XVII secolo) e 20 individui delle Cappelle Medicee, nella Basilica di S. Lorenzo a Firenze (XVI-XVII secolo), comprendenti rispettivamente i sovrani e la corte aragonese del XV-XVI secolo e i granduchi di Toscana. Gli alti valori di δ15N e di δ13C riscontrati, a livello dei carnivori, dimostrano una dieta molto ricca in proteine di origine animale. Le somiglianze isotopiche, ben evidenti nelle coppie di coniugi o di fratelli, sono l’ovvia conseguenza di persone che vivevano nello stesso “ambiente” alimentare. La coppia più “carnivora” è costituita da Francesco I e da Giovanna d’Austria, mentre la coppia Luigi e Caterina di Moncada – insieme a Ferrante d’Avalos – mostra la dieta più ricca in pesce di mare. Ma Luigi Moncada e Ferrante d’Avalos erano entrambi viceré spagnoli di Sicilia e vivevano a Palermo. Pertanto, l’alimentazione siciliana, ricca di pesce pregiato, costituisce la spiegazione più plausibile. Il consumo di pesce delle classi nobili I dati isotopici, simili a quelli riscontrati in altre serie dell’Europa settentrionale, mettono chiaramente in evidenza un aumento significativo del consumo di pesce di mare nel basso Medioevo ed in Età Moderna. È lecito pensare che il fenomeno sia dovuto, oltre che a motivi economici, anche ad una più stretta osservazione del precetto della vigilia, imposto dalla Chiesa. Infatti, in Età rinascimentale e moderna la carne era di solito proibita il venerdì e il sabato, la vigilia di importanti festività e durante l’Avvento e la Quaresima: tutti insieme, questi periodi di astinenza dalla carne potevano variare da un terzo alla metà dei giorni dell’anno. La paleonutrizione toscana I campioni rurali della Toscana si raggruppano ad un livello nettamente inferiore rispetto ai nobili rinascimentali (Medici, Aragonesi e Guinigi), che si pongono nella parte alta del grafico. Per la Pieve dei Monti di Villa, un campione di popolazione rurale medievale e post-medievale della Val di Lima lucchese, il valore del δ 15N si avvicina addirittura al livello degli erbivori terrestri. Considerato l'ambiente della Val di Lima, una fonte di energia disponibile doveva derivare certamente dal consumo di castagne. Infatti, la fascia collinare è caratterizzata, ancora oggi, da ampi castagneti su terrazzamenti, che raggiungono gli 800 metri su entrambi i versanti. La castagna rappresentò certamente per queste popolazioni l'unica vera risorsa disponibile per il fabbisogno alimentare, tanto da essere definita "pane dei poveri". Da segnalare nel campione ottocentesco della Pieve dei Monti di Villa e di Benabbio, una differenza significativa nell’apporto proteico fra i maschi e le femmine, che sembrava dimostrare un minore accesso di queste ultime alle proteine e ai cibi di origine animale. Si era ipotizzata una società contadina patriarcale, dove le donne, che occupavano posizioni "deboli" all'interno della scala sociale, potevano avere a disposizione una minore quantità di cibo pregiato, rispetto alla “forza-lavoro” maschile. Però, l’esame dei registri della Prefettura di Lucca, che riportano anche la professione dei deceduti, ha rivelato la presenza, fra i maschi, di ben 10 ˝possidenti˝, mentre fra le donne non era presente alcun ˝possidente˝ ma comparivano ben 8 braccianti. Pertanto, il motivo dell’alimentazione femminile più povera di proteine è più di tipo sociale che antropologico. In conclusione, i primi dati ottenuti sono sufficienti a dimostrare l’interesse dei moderni studi paleonutrizionali. Questi studi sono finalizzati alla ricostruzione non solo della dieta, ma anche, in una visione più ampia, delle “esigenze” alimentari di gruppi particolari, e si affiancano all’antropologia fisica e alla paleopatologia per la ricostruzione dello stile di vita delle popolazioni del passato. Bibliografia Fornaciari G, 2008. Food and disease at the Renaissance courts of Naples and Florence: A paleonutritional study. Appetite 51: 10-14. Fornaciari G 2016. “Tu sei quello che mangi”: Le economie alimentari nelle analisi isotopiche di campioni medievali e post-medievali della Toscana. In “L’alimentazione nell’Altomedioevo: Pratiche, simboli, ideologie”. Atti delle Settimane di Studio della Fondazione Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo vol. 63, Spoleto, 9-14 aprile 2015, pp. 657-670.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.