Il volume si concentra sul pensiero estetico di Anne-Louis Girodet (1767-1824). Allievo di David, Girodet si dedico' non solo alla pittura ma anche alla scrittura di numerosi testi che esprimono la sua visione dell'arte. L'autrice, esaminando per la prima volta questi testi, finora trascurati dalla critica, individua il nucleo fondamentale del pensiero di Girodet: l'idea che l'arte non è un'imitazione della natura, ma un'evocazione dell'assente, di cio' che non esiste o che è morto. Per Girodet il fine dell'arte non è dunque illudere gli occhi con espedienti illusionistici, ma "tromper la mort" come dice lui stesso, ingannare la morte, infondendo nello spettatore l'illusione consolatoria e "consapevole " (perché lo spettatore sa che di illusione si tratta e non di realtà) che la morte possa essere vinta, che cio' che non esiste possa in qualche modo vivere. Girodet si inserisce in tal modo in una delle correnti del pensiero settecentesco sull'"illusione" che fa capo a Rousseau e che penentra nel dibattito sulle tombe che divampa in Francia all'inizio dell'Ottocento (in questo tipo di pubblicistica la tomba è definita come "necessaria" in quanto fa sorgere in chi vive l'illusione consolatoria che la morte possa essere vinta). Una corrente nella quale si inserisce Ugo Foscolo, il quale per i suoi Sepolcri si è ispirato al poema "L'imagination" (1806) di Jacques Delille, che affronta il tema delle tombe proprio in questa prospettiva dell'"illusione". Ma Delille è anche una delle fonti di Girodet, di cui era un amico. Questo studio mostra dunque che il pensiero estetico di Girodet si inserisce in un filone fondamentale della cultura neoclassica e getta una nuova luce su questo artista-scrittore.
Ingannare la morte: Anne-Louis Girodet-Trioson e l'illusione dell'arte
SAVETTIERI, CHIARA
2005-01-01
Abstract
Il volume si concentra sul pensiero estetico di Anne-Louis Girodet (1767-1824). Allievo di David, Girodet si dedico' non solo alla pittura ma anche alla scrittura di numerosi testi che esprimono la sua visione dell'arte. L'autrice, esaminando per la prima volta questi testi, finora trascurati dalla critica, individua il nucleo fondamentale del pensiero di Girodet: l'idea che l'arte non è un'imitazione della natura, ma un'evocazione dell'assente, di cio' che non esiste o che è morto. Per Girodet il fine dell'arte non è dunque illudere gli occhi con espedienti illusionistici, ma "tromper la mort" come dice lui stesso, ingannare la morte, infondendo nello spettatore l'illusione consolatoria e "consapevole " (perché lo spettatore sa che di illusione si tratta e non di realtà) che la morte possa essere vinta, che cio' che non esiste possa in qualche modo vivere. Girodet si inserisce in tal modo in una delle correnti del pensiero settecentesco sull'"illusione" che fa capo a Rousseau e che penentra nel dibattito sulle tombe che divampa in Francia all'inizio dell'Ottocento (in questo tipo di pubblicistica la tomba è definita come "necessaria" in quanto fa sorgere in chi vive l'illusione consolatoria che la morte possa essere vinta). Una corrente nella quale si inserisce Ugo Foscolo, il quale per i suoi Sepolcri si è ispirato al poema "L'imagination" (1806) di Jacques Delille, che affronta il tema delle tombe proprio in questa prospettiva dell'"illusione". Ma Delille è anche una delle fonti di Girodet, di cui era un amico. Questo studio mostra dunque che il pensiero estetico di Girodet si inserisce in un filone fondamentale della cultura neoclassica e getta una nuova luce su questo artista-scrittore.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.