La legittimazione ad agire rappresenta il punto di contatto tra il diritto sostanziale e il processo, dato che il diritto sostanziale può essere portato in giudizio non da chiunque, ma soltanto da chi è a ciò legittimato, per la particolare, differenziale relazione che quel soggetto ha con il diritto controverso. Quale sia questa relazione e quale il criterio per accertarla non sono però indicati nel codice, che si limita a prevedere un limite (previsione di legge) per poter far valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui (art. 81 c.p.c.), contrapponendosi così una legittimazione ordinaria ad una straordinaria. Le difficoltà si legano poi alle diverse teorie dell’«azione» e si intersecano con il concetto di «parte» e con l’«interesse ad agire», dato che il potere o diritto di azione spetta ad una parte, la quale per essere legittimata ad agire in giudizio deve avervi interesse. A seconda dell’impostazione, la legittimazione ad agire è considerata un presupposto processuale; ovvero una condizione dell’azione, nel senso di questione concernente il fondamento della domanda; ovvero una condizione dell’azione, ma nel senso di questione concernente la trattabilità nel merito della domanda; ovvero una questione preliminare al merito; ovvero una questione preliminare di merito. Inoltre la ricerca della «giusta parte» (die richtige Partei) viene collegata agli effetti del provvedimento richiesto e al rispetto del principio del contraddittorio (e, quindi, alla ricerca anche della parte legittimata passiva o, meglio, legittimata a contraddire), al litisconsorzio necessario, all’alternatività del soggetto effettivo titolare del diritto o obbligato, all’intervento in causa. Dall’inquadramento della legittimazione ad agire dipende la distinzione rispetto alla titolarità del diritto, di recente posta all’attenzione delle Sezioni unite; la legge da applicare; il profilo dinamico della rilevabilità; la distribuzione dell’onere della prova; la natura della decisione, se di rito o di merito, e, quindi, la portata vincolante della stessa.

La legittimazione ad agire

Dino Buoncristiani
2019-01-01

Abstract

La legittimazione ad agire rappresenta il punto di contatto tra il diritto sostanziale e il processo, dato che il diritto sostanziale può essere portato in giudizio non da chiunque, ma soltanto da chi è a ciò legittimato, per la particolare, differenziale relazione che quel soggetto ha con il diritto controverso. Quale sia questa relazione e quale il criterio per accertarla non sono però indicati nel codice, che si limita a prevedere un limite (previsione di legge) per poter far valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui (art. 81 c.p.c.), contrapponendosi così una legittimazione ordinaria ad una straordinaria. Le difficoltà si legano poi alle diverse teorie dell’«azione» e si intersecano con il concetto di «parte» e con l’«interesse ad agire», dato che il potere o diritto di azione spetta ad una parte, la quale per essere legittimata ad agire in giudizio deve avervi interesse. A seconda dell’impostazione, la legittimazione ad agire è considerata un presupposto processuale; ovvero una condizione dell’azione, nel senso di questione concernente il fondamento della domanda; ovvero una condizione dell’azione, ma nel senso di questione concernente la trattabilità nel merito della domanda; ovvero una questione preliminare al merito; ovvero una questione preliminare di merito. Inoltre la ricerca della «giusta parte» (die richtige Partei) viene collegata agli effetti del provvedimento richiesto e al rispetto del principio del contraddittorio (e, quindi, alla ricerca anche della parte legittimata passiva o, meglio, legittimata a contraddire), al litisconsorzio necessario, all’alternatività del soggetto effettivo titolare del diritto o obbligato, all’intervento in causa. Dall’inquadramento della legittimazione ad agire dipende la distinzione rispetto alla titolarità del diritto, di recente posta all’attenzione delle Sezioni unite; la legge da applicare; il profilo dinamico della rilevabilità; la distribuzione dell’onere della prova; la natura della decisione, se di rito o di merito, e, quindi, la portata vincolante della stessa.
2019
Buoncristiani, Dino
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