A partire dagli anni Cinquanta e Sessanta una teoria interpretativa della contemporaneità si è progressivamente imposta. Essa, nota con il nome di "teoria critica", ha voluto rileggere il mondo seguendo l'asse del potere, dell'esercizio del potere, della creazione di subalternità. Tutto questo, in genere, ha avuto come presupposto la critica dei sistemi capitalistici e, come oggetto di analisi privilegiato, le istituzioni della modernità. Ospedali, manicomi, scuole, prigioni. Questo testo vuole presentare uno spaccato di una ricerca etnografica svolta all'interno di uno degli ultimi Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) italiani, istituzioni che, preposte alla cura e al contenimento della follia e del crimine, dovrebbero essere oggetto par excellence dove applicare i precetti della teoria critica. L'etnografia, tuttavia, principio dello scandalo, mostra una realtà istituzionale e umana ben diversa da quella immaginabile alla luce di una rappresentazione "criticista" del mondo. L'analisi etnografica mette in risalto un terreno brulicante, in cui i soggetti mutano in continuazione, sovvertendo qualsiasi logica binaria, che li vorrebbe separati e opposti. Vittime e carnefici, dominanti e dominati, soggetti attivi e soggetti passivi sono ruoli che sfumano in una molteplicità di forme di convivenza che fanno della reciproca negoziazione il presupposto del superamento del concetto di istituzione totale. L'OPG, nell'etnografia, più che mostrarsi nella sua totalità, si offre nella sua plasticità. La tesi di questo scritto è, dunque, doppia: da un lato, segnalare i limiti di una teoria monolitica che mal si accorda alla realtà etnografica; dall'altra, offrire uno spaccato denso della quotidianità di soggetti multidimensionali, e dunque possibili e reali.
Il soggetto possibile. Riflessioni etnografiche sul manicomio criminale
luigigiovanni Quarta
2018-01-01
Abstract
A partire dagli anni Cinquanta e Sessanta una teoria interpretativa della contemporaneità si è progressivamente imposta. Essa, nota con il nome di "teoria critica", ha voluto rileggere il mondo seguendo l'asse del potere, dell'esercizio del potere, della creazione di subalternità. Tutto questo, in genere, ha avuto come presupposto la critica dei sistemi capitalistici e, come oggetto di analisi privilegiato, le istituzioni della modernità. Ospedali, manicomi, scuole, prigioni. Questo testo vuole presentare uno spaccato di una ricerca etnografica svolta all'interno di uno degli ultimi Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) italiani, istituzioni che, preposte alla cura e al contenimento della follia e del crimine, dovrebbero essere oggetto par excellence dove applicare i precetti della teoria critica. L'etnografia, tuttavia, principio dello scandalo, mostra una realtà istituzionale e umana ben diversa da quella immaginabile alla luce di una rappresentazione "criticista" del mondo. L'analisi etnografica mette in risalto un terreno brulicante, in cui i soggetti mutano in continuazione, sovvertendo qualsiasi logica binaria, che li vorrebbe separati e opposti. Vittime e carnefici, dominanti e dominati, soggetti attivi e soggetti passivi sono ruoli che sfumano in una molteplicità di forme di convivenza che fanno della reciproca negoziazione il presupposto del superamento del concetto di istituzione totale. L'OPG, nell'etnografia, più che mostrarsi nella sua totalità, si offre nella sua plasticità. La tesi di questo scritto è, dunque, doppia: da un lato, segnalare i limiti di una teoria monolitica che mal si accorda alla realtà etnografica; dall'altra, offrire uno spaccato denso della quotidianità di soggetti multidimensionali, e dunque possibili e reali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.