Trasumanar e organizzar è il libro di versi in cui Pasolini prende congedo da un’idea di poesia perseguita sino a Poesie in forma di rosa. Rinunciando alle forme, alle convenzioni e alla retorica del passato, Pasolini spinge come mai aveva fatto prima la poesia verso la prosa: il verso è informale, il lessico indiscriminato, le figure retoriche hanno un uso strumentale e non strutturante. Il disinvestimento sulla forma comporta sia la rinuncia ad essa, sia l’adozione di schemi collaudati che attingono alla comunicazione di massa e che vanno letti in chiave di falsetto anziché di manierismo. Proprio per questa deliberata scelta dell’impuro e del brutto, Pasolini è indotto a interrogarsi su cosa indentifichi il linguaggio della poesia e lo preservi da una completa dissoluzione; e individua perciò le due grandi figure dell’oscurità e dell’umorismo, che riguardano l’articolazione del discorso e i suoi vuoti anziché la dignità della forma. Nonostante un perdurante atteggiamento lirico, Pasolini non crede più nella centralità della lirica e apre il libro a una pluralità di generi. Soprattutto, non crede più nell’autonomia dell’arte, e tende a risolvere la scrittura in un’operazione precaria e in una performance politica. Il libro però è meno isolato di quanto l’autore stesso dichiarasse. Da un lato, mostra consonanze e debiti con Elsa Morante, Dario Bellezza, Allen Ginsberg e persino con l’esecrata neoavanguardia; dall’altro, prepara, sia pure involontariamente e a modo suo, quella poesia dopo la poesia praticata dalla generazione che esordisce negli anni Settanta.

La poesia dopo la poesia. «Trasumanar e organizzar» di Pasolini

Raffaele Donnarumma
2019-01-01

Abstract

Trasumanar e organizzar è il libro di versi in cui Pasolini prende congedo da un’idea di poesia perseguita sino a Poesie in forma di rosa. Rinunciando alle forme, alle convenzioni e alla retorica del passato, Pasolini spinge come mai aveva fatto prima la poesia verso la prosa: il verso è informale, il lessico indiscriminato, le figure retoriche hanno un uso strumentale e non strutturante. Il disinvestimento sulla forma comporta sia la rinuncia ad essa, sia l’adozione di schemi collaudati che attingono alla comunicazione di massa e che vanno letti in chiave di falsetto anziché di manierismo. Proprio per questa deliberata scelta dell’impuro e del brutto, Pasolini è indotto a interrogarsi su cosa indentifichi il linguaggio della poesia e lo preservi da una completa dissoluzione; e individua perciò le due grandi figure dell’oscurità e dell’umorismo, che riguardano l’articolazione del discorso e i suoi vuoti anziché la dignità della forma. Nonostante un perdurante atteggiamento lirico, Pasolini non crede più nella centralità della lirica e apre il libro a una pluralità di generi. Soprattutto, non crede più nell’autonomia dell’arte, e tende a risolvere la scrittura in un’operazione precaria e in una performance politica. Il libro però è meno isolato di quanto l’autore stesso dichiarasse. Da un lato, mostra consonanze e debiti con Elsa Morante, Dario Bellezza, Allen Ginsberg e persino con l’esecrata neoavanguardia; dall’altro, prepara, sia pure involontariamente e a modo suo, quella poesia dopo la poesia praticata dalla generazione che esordisce negli anni Settanta.
2019
Donnarumma, Raffaele
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