In questo scritto non intendo ripercorrere l'impostazione del rapporto fra etica e bellezza che è stata conosciuta nella storia della filosofia, con riferimento a modelli del passato. Voglio invece recuperare, a partire da altri sensi e da altre esperienze di “bello” e di “buono” ugualmente presenti nella nostra epoca, la possibilità di stabilire un legame fra queste due categorie. Voglio farlo cercando un terreno diverso che possa accomunare ciò che esprimiamo attraverso di esse. A questo scopo è necessario compiere due passaggi, che saranno scanditi da alcune precise domande. Eccole: perché oggi il bello è solo appannaggio dell’estetica e il buono è per lo più oggetto di studio di una teoria etica? Perché dunque non capiamo più né la kalokagathia dei Greci, né lo scandalo che incarna Socrate nel suo stesso sembiante e che Alcibiade sottolinea alla fine del "Fedro"? Poi mi chiederò: in che modo possiamo ripensare queste nozioni – “bello”, “buono”, “estetica”, “etica” – in modi conformi, da una parte, alle esperienze artistiche e ai comportamentali emblematici degli esseri umani, e, dall’altro, in relazione a come si presentano e si sviluppano le cose stesse del mondo in cui viviamo? C’è forse una bellezza e una bontà anche nelle cose? E, non da ultimo: in che modo queste diverse forme di bellezza e di bontà, e soprattutto il loro intreccio, le loro relazioni, possono essere adeguatamente comunicate?
Etica, bellezza, comunicazione
Adriano Fabris
2019-01-01
Abstract
In questo scritto non intendo ripercorrere l'impostazione del rapporto fra etica e bellezza che è stata conosciuta nella storia della filosofia, con riferimento a modelli del passato. Voglio invece recuperare, a partire da altri sensi e da altre esperienze di “bello” e di “buono” ugualmente presenti nella nostra epoca, la possibilità di stabilire un legame fra queste due categorie. Voglio farlo cercando un terreno diverso che possa accomunare ciò che esprimiamo attraverso di esse. A questo scopo è necessario compiere due passaggi, che saranno scanditi da alcune precise domande. Eccole: perché oggi il bello è solo appannaggio dell’estetica e il buono è per lo più oggetto di studio di una teoria etica? Perché dunque non capiamo più né la kalokagathia dei Greci, né lo scandalo che incarna Socrate nel suo stesso sembiante e che Alcibiade sottolinea alla fine del "Fedro"? Poi mi chiederò: in che modo possiamo ripensare queste nozioni – “bello”, “buono”, “estetica”, “etica” – in modi conformi, da una parte, alle esperienze artistiche e ai comportamentali emblematici degli esseri umani, e, dall’altro, in relazione a come si presentano e si sviluppano le cose stesse del mondo in cui viviamo? C’è forse una bellezza e una bontà anche nelle cose? E, non da ultimo: in che modo queste diverse forme di bellezza e di bontà, e soprattutto il loro intreccio, le loro relazioni, possono essere adeguatamente comunicate?I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.