The aim of the present contribution is to outline the risks entailed in an «acritical» use of the ICF perspective in the pedagogical practices. ICF is primarily a classification system, then a common language and, eventually, a conceptual model based on a biopsychosocial perspective, of which pros and cons, along with the risk of being unpedagogical within the educational relationship, are being investigated. Such approach envisages only the phenomenological aspects — what is manifest — disregarding the causes (for instance, no domains are foreseen, in relation to the emotional and relational areas). International studies already highlight some lack of coherence within the ICF theoretical framework, given that «personal factors» are neither defined nor categorised. The ICF perspective can definitely contribute to improving the quality of school inclusion, particularly in the educational and didactic planning stage, whereas the teachers are ready to widen the gaze on a broader and complex perspective, which contemplates human interaction dynamically and systemically. At the same time, it should be made clear that the overall context, as environmental factor, remains neutral per se, if its features don’t interact with the person’s features («personal factors»). So, the mere focus on the context, regarded rather schematically and theoretically, should be avoided.

Questo contributo si prefigge di illustrare i rischi che un’adozione acritica della “prospettiva” ICF potrebbe comportare a livello pedagogico. L’ICF è anzitutto un sistema di classificazione, poi un linguaggio condiviso e, infine, un modello concettuale, che apre ad una prospettiva bio-psico-sociale. Ne sono stati analizzati i pro e i contra, considerando il rischio di antipedagogicità per la relazione educativa, trattandosi di un approccio che contempla soltanto ciò che è manifesto, l’aspetto fenomenologico, eliminando dalle proprie considerazioni l’aspetto eziologico, oltre al fatto di fondarsi su una visulae carente dal punto di vista antropologico, se si pensa – ad esempio – che tra i vari domini è completamente assente, tra le altre, l’area “affettivo-relazionale”, con le correlate funzioni e attitudini personali ed emozionali, nonché la funzione dell'esperienza del sé e del tempo, compresi tutta una serie di aspetti “interni” che sono oggetto della psicologia scientifica e della neuropsichiatria infantile. Nella letteratura scientifica internazionale che studia ICF le perplessità sulla coerenza dell’impianto teorico sono molto elevate, soprattutto in quanto la componente dei “fattori personali”, in assenza di codici formali, manca della legittimità che dovrebbe fornire una documentazione con tassonomia scientifica. Certamente, la prospettiva ICF può contribuire a migliorare sensibilmente la qualità dell’inclusione scolastica, soprattutto nella fase di progettazione educativo-didattica, laddove lo sguardo dei docenti si apre alla considerazione di un orizzonte più vasto, globale e complesso, che contempla in maniera dinamica e sistemica la persona (le persone) e la loro interazione reale. Tuttavia, va chiarito che il contesto, per molti aspetti, si qualifica soltanto se un soggetto vi si può, per così dire, immergere, qualificandolo; altrimenti potrebbe restare neutro, mentre il soggetto è sempre attivo. Se l’attenzione al contesto diventa predominante, schematica e astratta, persino riduttiva dell’esperienza concreta, vi è allora il rischio di perdere il contatto con la realtà e di infilarsi in un tunnel di parole vuote.

(Il rischio di) antipedagogicità dell'ICF

CIAMBRONE R
2020-01-01

Abstract

The aim of the present contribution is to outline the risks entailed in an «acritical» use of the ICF perspective in the pedagogical practices. ICF is primarily a classification system, then a common language and, eventually, a conceptual model based on a biopsychosocial perspective, of which pros and cons, along with the risk of being unpedagogical within the educational relationship, are being investigated. Such approach envisages only the phenomenological aspects — what is manifest — disregarding the causes (for instance, no domains are foreseen, in relation to the emotional and relational areas). International studies already highlight some lack of coherence within the ICF theoretical framework, given that «personal factors» are neither defined nor categorised. The ICF perspective can definitely contribute to improving the quality of school inclusion, particularly in the educational and didactic planning stage, whereas the teachers are ready to widen the gaze on a broader and complex perspective, which contemplates human interaction dynamically and systemically. At the same time, it should be made clear that the overall context, as environmental factor, remains neutral per se, if its features don’t interact with the person’s features («personal factors»). So, the mere focus on the context, regarded rather schematically and theoretically, should be avoided.
2020
Ciambrone, R
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