Spesso superficialmente liquidato come racconto fiabesco per ragazzi o divertente parodia delle storie di fantasmi, che nell’Inghilterra vittoriana avevano notoriamente raggiunto uno status canonico, ‘The Canterville Ghost’ (1887) diventa qui un oggetto di studio che, pur tenendo conto delle tipiche tecniche wildiane di rovesciamento paradossale di paradigmi e stereotipi, ne coglie aspetti e intenti più profondi. L’attenta strutturazione del testo, con i suoi emblematici passaggi dal comico al tragico, dallo sbeffeggio al perturbante, da un pragmatismo ridicolizzato a uno spiritualismo pericolosamente avvolgente, pare infatti disegnare un percorso esemplare. Un tragitto attraverso il quale Sir Simon de Canterville, il fantasma del titolo, acquisisce con le sue sempre più complesse esibizioni un carisma istrionico e una profondità psicologica in cui è possibile leggere rimandi autoreferenziali a un Wilde alle prese con un pubblico filisteo, all’interno del quale egli alla fine individua il soggetto ricettivo (il personaggio di Virginia Otis), convertendolo al credo artistico e coinvolgendolo in un rituale di passaggio dall’innocenza alla consapevolezza.
"Ghost-writing: la politica dell'autoreferenzialità in 'The Canterville Ghost' di Oscar Wilde"
GIOVANNELLI, LAURA
2009-01-01
Abstract
Spesso superficialmente liquidato come racconto fiabesco per ragazzi o divertente parodia delle storie di fantasmi, che nell’Inghilterra vittoriana avevano notoriamente raggiunto uno status canonico, ‘The Canterville Ghost’ (1887) diventa qui un oggetto di studio che, pur tenendo conto delle tipiche tecniche wildiane di rovesciamento paradossale di paradigmi e stereotipi, ne coglie aspetti e intenti più profondi. L’attenta strutturazione del testo, con i suoi emblematici passaggi dal comico al tragico, dallo sbeffeggio al perturbante, da un pragmatismo ridicolizzato a uno spiritualismo pericolosamente avvolgente, pare infatti disegnare un percorso esemplare. Un tragitto attraverso il quale Sir Simon de Canterville, il fantasma del titolo, acquisisce con le sue sempre più complesse esibizioni un carisma istrionico e una profondità psicologica in cui è possibile leggere rimandi autoreferenziali a un Wilde alle prese con un pubblico filisteo, all’interno del quale egli alla fine individua il soggetto ricettivo (il personaggio di Virginia Otis), convertendolo al credo artistico e coinvolgendolo in un rituale di passaggio dall’innocenza alla consapevolezza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.