Il saggio concentra la riflessione nell’arco dei dieci anni che vanno dal 1945 al 1955 approfondendo le esperienze di due protagonisti della scena teatrale e radiofonica italiana: Franco Parenti e Dario Fo, i quali – assieme a Giustino Durano – daranno vita alla compagnia dei Dritti e al fenomeno dell’antirivista e del cabaret di matrice italiana. Dopo aver analizzato per sommi capi le biografie dei due attori-autori in relazione alla guerra, al fascismo, alla Resistenza e alla Liberazione (affrontando anche nodi scomodi, come la presunta “partecipazione volontaria” di Fo alla RSI), si metterà in evidenza il lungo lavoro di riattivazione della Storia da parte dei due artisti: il recupero delle tradizioni orali locali, teso alla rappresentazione della realtà sociale e alla riscoperta dei piccoli mondi regionali, con modalità fiabesche e allegoriche, che fanno pensare a quello che Romano Luperini – nel suo studio sulle date del fenomeno variegato definito convenzionalmente Neorealismo – chiama «realismo simbolico». Il Neorealismo, peraltro, è un territorio che Fo e Parenti conoscono e sul quale discutono. Il tentativo da parte di Parenti di creare il “Teatro Cronaca” (1955) , sperimentando un metodo di ampliamento della partecipazione del pubblico, condivide con il Neorealismo – pur con le debite proporzioni – alcuni obiettivi e principi di base: l’interesse per la ricerca anche fine a se stessa, svincolata dal prodotto e dal processo produttivo; la volontà di far vivere storie e personaggi suggeriti dall’attualità, con un «intreccio sottile di cronaca e finzione, di testimonianza e affabulazione romanzesca», il collage di attori professionisti e non professionisti, con l’inversione dei ruoli rispetto alla consuetudine; un ricercato antidivismo. A tutto ciò si aggiunge la fiducia in una dimensione simbolica, che non è affatto in contraddizione con l’interesse per la realtà sociale e per la cronaca. C’è infatti una precisa volontà di seguire sentieri sino ad allora inesplorati, che vadano a rintracciare realtà e tradizioni dimenticate, trasfigurate poi in altra forma secondo il già citato rapporto di interferenza feconda fra la testimonianza e l’affabulazione, la cronaca e il mito. Un procedimento creativo, questo, caro non solo a Franco Parenti, ma anche e soprattutto a Dario Fo, il quale, già a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta, con gli antieroi del Poer nano (1949-52) – pur non praticando una dimensione scrittoria di carattere letterario, ma dedicandosi ad una “scrittura scenica” che si avvale dell’antica tecnica dell’improvvisa – può essere collocato ai margini di quel gruppo di opere della narrativa italiana, tra le quali Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino, che, connesse alla testimonianza e alla memorialistica della Resistenza e della lotta antifascista (nonché dei drammi della guerra mondiale e della questione meridionale), «pongono in primo piano il mondo contadino e il popolo dei quartieri (disoccupati, artigiani e piccola borghesia), non la realtà operaia delle fabbriche». Fo, infatti, attinge alla realtà rurale e ai modi con cui tale materialità trasforma le storie della tradizione culturale e cultuale secondo una visione rabelesiana, dove le spinte ad un rinnovato realismo – soggettivo piuttosto che oggettivo – e il gusto per la rappresentazione concreta dei personaggi si coniugano con istanze fiabesche e mitico-simboliche. Tali istanze rivelano – come già la narrativa neorealista – «interessi etnologici e antropologici talora mediati dall’influenza di Jung». In tali “fiabe”, narrate mimeticamente con una lingua per metà dialettale e con una struttura semantica e stilistica infantile, il dolore del mondo è contemplato e racchiuso. Ripercorrendo le esperienze artistiche e umane dei due attori-autori “anti” (e di altri che con le loro intrecceranno le proprie vite), sarà possibile porsi alcune domande rispetto a questioni chiave del teatro italiano contemporaneo, tra cui il rapporto tra gli attori di varietà e il cinema, lo scontro tra i concetti di neorealismo e neoespressionismo, l’idea di teatro come presenza attiva nella Storia.
Gli antieroi. Dario Fo, Franco Parenti e il sentiero dei nidi di ragno
MARINAI, EVA
2016-01-01
Abstract
Il saggio concentra la riflessione nell’arco dei dieci anni che vanno dal 1945 al 1955 approfondendo le esperienze di due protagonisti della scena teatrale e radiofonica italiana: Franco Parenti e Dario Fo, i quali – assieme a Giustino Durano – daranno vita alla compagnia dei Dritti e al fenomeno dell’antirivista e del cabaret di matrice italiana. Dopo aver analizzato per sommi capi le biografie dei due attori-autori in relazione alla guerra, al fascismo, alla Resistenza e alla Liberazione (affrontando anche nodi scomodi, come la presunta “partecipazione volontaria” di Fo alla RSI), si metterà in evidenza il lungo lavoro di riattivazione della Storia da parte dei due artisti: il recupero delle tradizioni orali locali, teso alla rappresentazione della realtà sociale e alla riscoperta dei piccoli mondi regionali, con modalità fiabesche e allegoriche, che fanno pensare a quello che Romano Luperini – nel suo studio sulle date del fenomeno variegato definito convenzionalmente Neorealismo – chiama «realismo simbolico». Il Neorealismo, peraltro, è un territorio che Fo e Parenti conoscono e sul quale discutono. Il tentativo da parte di Parenti di creare il “Teatro Cronaca” (1955) , sperimentando un metodo di ampliamento della partecipazione del pubblico, condivide con il Neorealismo – pur con le debite proporzioni – alcuni obiettivi e principi di base: l’interesse per la ricerca anche fine a se stessa, svincolata dal prodotto e dal processo produttivo; la volontà di far vivere storie e personaggi suggeriti dall’attualità, con un «intreccio sottile di cronaca e finzione, di testimonianza e affabulazione romanzesca», il collage di attori professionisti e non professionisti, con l’inversione dei ruoli rispetto alla consuetudine; un ricercato antidivismo. A tutto ciò si aggiunge la fiducia in una dimensione simbolica, che non è affatto in contraddizione con l’interesse per la realtà sociale e per la cronaca. C’è infatti una precisa volontà di seguire sentieri sino ad allora inesplorati, che vadano a rintracciare realtà e tradizioni dimenticate, trasfigurate poi in altra forma secondo il già citato rapporto di interferenza feconda fra la testimonianza e l’affabulazione, la cronaca e il mito. Un procedimento creativo, questo, caro non solo a Franco Parenti, ma anche e soprattutto a Dario Fo, il quale, già a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta, con gli antieroi del Poer nano (1949-52) – pur non praticando una dimensione scrittoria di carattere letterario, ma dedicandosi ad una “scrittura scenica” che si avvale dell’antica tecnica dell’improvvisa – può essere collocato ai margini di quel gruppo di opere della narrativa italiana, tra le quali Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino, che, connesse alla testimonianza e alla memorialistica della Resistenza e della lotta antifascista (nonché dei drammi della guerra mondiale e della questione meridionale), «pongono in primo piano il mondo contadino e il popolo dei quartieri (disoccupati, artigiani e piccola borghesia), non la realtà operaia delle fabbriche». Fo, infatti, attinge alla realtà rurale e ai modi con cui tale materialità trasforma le storie della tradizione culturale e cultuale secondo una visione rabelesiana, dove le spinte ad un rinnovato realismo – soggettivo piuttosto che oggettivo – e il gusto per la rappresentazione concreta dei personaggi si coniugano con istanze fiabesche e mitico-simboliche. Tali istanze rivelano – come già la narrativa neorealista – «interessi etnologici e antropologici talora mediati dall’influenza di Jung». In tali “fiabe”, narrate mimeticamente con una lingua per metà dialettale e con una struttura semantica e stilistica infantile, il dolore del mondo è contemplato e racchiuso. Ripercorrendo le esperienze artistiche e umane dei due attori-autori “anti” (e di altri che con le loro intrecceranno le proprie vite), sarà possibile porsi alcune domande rispetto a questioni chiave del teatro italiano contemporaneo, tra cui il rapporto tra gli attori di varietà e il cinema, lo scontro tra i concetti di neorealismo e neoespressionismo, l’idea di teatro come presenza attiva nella Storia.File | Dimensione | Formato | |
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