L’attenzione alla tecnica del metateatro come forma significativa di un testo drammaturgico, nonostante modelli illustri di applicazione quali Shakespeare o Goldoni, non ha goduto di un’attenzione teorica specifica se non a partire dal secolo scorso, con rari interventi mirati alla ricchezza di esempi del secolo XVII o sul testo di Amleto. Tuttavia il Novecento, e il nostro Novecento in particolare, hanno riportato con forza il metateatro dentro l’opera drammaturgica dando vita ad una sperimentazione ricchissima di formule ed esiti anche molto diversi tra loro. Tra questi un posto di rilievo spetta alla “Trilogia del teatro nel teatro” di Luigi Pirandello, oggetto di molteplici studi. Tuttavia mancava una messa a fuoco dell’evoluzione che questo motivo subisce nel corso della produzione pirandelliana, con l’approdo all’incompiuto I giganti della montagna. E’ proprio sulle varie implicazioni di quest’opera che pone l'attenzione il presente saggio, in modo da permettere di fare luce sul percorso pirandelliano verso una nuova forma di metateatro. Dopo una premessa a carattere teorico e storico, in cui si danno le coordinate per uno studio sul metateatro, viene affrontato il caso nell'ultimo Pirandello. Nei Giganti della montagna l'impiego di questa tecnica non appare più funzionalizzata al rapporto autore-personaggio ma al ruolo complessivo del teatro nella società. L'aspetto più originale del testo in questione risulta dunque l'inclusione del genere cinematografico, che investiva da tempo il dibattito culturale fra le due arti, teatro e cinema appunto. Lo stesso Pirandello è tra coloro che prima rifiutano e poi restano profondamente attratti dal cinema. Così l'episodio del metateatro, all'interno di questo testo, avviene grazie all'inserimento di tecniche prettamente filmiche (come le immagini in movimento che scorrono sul fondale bianco a fondo scena) indicando la necessità del teatro stesso di aprirsi a nuove forme d'arte ed utilizzarle anche all'interno dello specifico teatrale. Il saggio si conclude mostrando come Pirandello indichi nel cinema nuove possibilità di commistione fra i due generi. Su questa linea si inseriranno altre forme metateatrali novecentesche rintracciabili in alcuni testi come La grande magia di Eduardo De Filippo o Hystrio di Mario Luzi.
Metateatro nel Novecento: teoria e prassi nell'ultimo Pirandello
GUIDOTTI, ANGELA
2017-01-01
Abstract
L’attenzione alla tecnica del metateatro come forma significativa di un testo drammaturgico, nonostante modelli illustri di applicazione quali Shakespeare o Goldoni, non ha goduto di un’attenzione teorica specifica se non a partire dal secolo scorso, con rari interventi mirati alla ricchezza di esempi del secolo XVII o sul testo di Amleto. Tuttavia il Novecento, e il nostro Novecento in particolare, hanno riportato con forza il metateatro dentro l’opera drammaturgica dando vita ad una sperimentazione ricchissima di formule ed esiti anche molto diversi tra loro. Tra questi un posto di rilievo spetta alla “Trilogia del teatro nel teatro” di Luigi Pirandello, oggetto di molteplici studi. Tuttavia mancava una messa a fuoco dell’evoluzione che questo motivo subisce nel corso della produzione pirandelliana, con l’approdo all’incompiuto I giganti della montagna. E’ proprio sulle varie implicazioni di quest’opera che pone l'attenzione il presente saggio, in modo da permettere di fare luce sul percorso pirandelliano verso una nuova forma di metateatro. Dopo una premessa a carattere teorico e storico, in cui si danno le coordinate per uno studio sul metateatro, viene affrontato il caso nell'ultimo Pirandello. Nei Giganti della montagna l'impiego di questa tecnica non appare più funzionalizzata al rapporto autore-personaggio ma al ruolo complessivo del teatro nella società. L'aspetto più originale del testo in questione risulta dunque l'inclusione del genere cinematografico, che investiva da tempo il dibattito culturale fra le due arti, teatro e cinema appunto. Lo stesso Pirandello è tra coloro che prima rifiutano e poi restano profondamente attratti dal cinema. Così l'episodio del metateatro, all'interno di questo testo, avviene grazie all'inserimento di tecniche prettamente filmiche (come le immagini in movimento che scorrono sul fondale bianco a fondo scena) indicando la necessità del teatro stesso di aprirsi a nuove forme d'arte ed utilizzarle anche all'interno dello specifico teatrale. Il saggio si conclude mostrando come Pirandello indichi nel cinema nuove possibilità di commistione fra i due generi. Su questa linea si inseriranno altre forme metateatrali novecentesche rintracciabili in alcuni testi come La grande magia di Eduardo De Filippo o Hystrio di Mario Luzi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.