I libri contabili delle aziende datiniane di Pisa costituiscono una fonte molto importante per studiare la rete di rapporti nella quale il sistema creato da Francesco Datini era inserito, e il funzionamento del commercio su commissione, che acquisì nella seconda metà del Trecento un rilievo centrale nelle strategie economiche delle compagnie toscane e non solo. Ma essi gettano anche una luce unica sull’importanza di Pisa come piazza commerciale, affollata di mercanti provenienti dalla Toscana e da tutta l’Italia settentrionale, ai quali si aggiungeva un numero consistente di catalani. I libri, inoltre, fanno emergere la presenza di un gruppo molto vivace di operatori pisani, alcuni dei quali perfettamente e attivamente inseriti nelle reti di relazioni che sostenevano l’azione dei mercanti fiorentini e toscani nei circuiti internazionali. L’articolo si propone dunque, attraverso l’analisi di questa fonte contabile, di approfondire il tema dell’economia pisana nella seconda metà del Trecento. Tra le varie tipologie di merci che venivano scambiate sulla piazza pisana viene presa in considerazione la lana. La centralità di Pisa come mercato della lana è infatti ciò che più di tutto attirava nella città tirrenica gli imprenditori di tante località toscane e del Nord Italia dove, in questa fase cronologica, esisteva una vivace industria laniera.
L'economia di Pisa nella seconda metà del Trecento. Qualche riflessione a partire dal commercio della lana nella documentazione datiniana
poloni A
2019-01-01
Abstract
I libri contabili delle aziende datiniane di Pisa costituiscono una fonte molto importante per studiare la rete di rapporti nella quale il sistema creato da Francesco Datini era inserito, e il funzionamento del commercio su commissione, che acquisì nella seconda metà del Trecento un rilievo centrale nelle strategie economiche delle compagnie toscane e non solo. Ma essi gettano anche una luce unica sull’importanza di Pisa come piazza commerciale, affollata di mercanti provenienti dalla Toscana e da tutta l’Italia settentrionale, ai quali si aggiungeva un numero consistente di catalani. I libri, inoltre, fanno emergere la presenza di un gruppo molto vivace di operatori pisani, alcuni dei quali perfettamente e attivamente inseriti nelle reti di relazioni che sostenevano l’azione dei mercanti fiorentini e toscani nei circuiti internazionali. L’articolo si propone dunque, attraverso l’analisi di questa fonte contabile, di approfondire il tema dell’economia pisana nella seconda metà del Trecento. Tra le varie tipologie di merci che venivano scambiate sulla piazza pisana viene presa in considerazione la lana. La centralità di Pisa come mercato della lana è infatti ciò che più di tutto attirava nella città tirrenica gli imprenditori di tante località toscane e del Nord Italia dove, in questa fase cronologica, esisteva una vivace industria laniera.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.